MOTO E GELO.

D’inverno il buio e la notte si separano.

Il sole e l’azzurro di questo tempo intimo sono solo un promemoria per la prossima estate; il freddo, invece, si coniuga al presente.

A me piace il freddo, ma non tutto, quello della moto si. Già, perché c’è freddo e freddo e chi va in moto sa di cosa parlo. Di quello che entra alla base del collo, che s’insinua nelle maniche del giubbotto o che, come un impacco, ti si aggrappa alle rotule e non molla. A me quel freddo piace perché insieme al trabiccolo instabile e precario che mi trasporta mi sottrae a ogni presunzione di onnipotenza. Non puoi farci nulla ed è questa l’essenza dell’andare in moto: non poterci far nulla. Se piove ti bagni; se fa freddo lo becchi; se c’è il solleone vai arrosto. Niente tergicristallo, niente aria condizionata. Nulla; fine di ogni onnipotenza da automobilista.

Royal enfield bullet 500 – la mia. Nei boschi sopra il lago di Vico (VT) (foto p.Capitini)

Appena giri la chiave e il motore inizia a battere ti chiedi se davvero vuoi entrare nella strada. Non ammirarla; non osservarla, ma starci proprio dentro. Dentro il casco arriverà l’odore di diesel incombusto e quello del letame dell’allevamento che sto costeggiando o magari il profumo dei pini d’Appennino e delle ginestre a bordo strada. Arriverà forse anche il profumo di porchetta e salsicce dal furgoncino laggiù, giusto dopo l’uscita del ponte.

A me tutto questo piace, così oggi ho preso la mia Royal Enfield – 2 quintali di ferro, forse 3 etti di plastica e solo 27 cavalli per spingerli – e mi sono regalato un pomeriggio di inverno. Sul tavolo erano rimaste ormai solo un paio di fette di sole e tutti i colori dell’autunno.

Farà buio presto! C’è poco tempo! Meglio rimandare! Come spesso mi accade i buoni consigli sono rimasti sulla soglia di casa (anche questo è molto motociclistico). Faceva un freddo meraviglioso. Prendo per la Cassia e dopo Capranica svolto per la strada che porta al lago di Vico. Il nuovo filtro dell’aria regala un ulteriore scoppiettio al motore, soprattutto quando apro il gas, passando per castagneti secolari e per noccioleti di recente avidità. Scavalcato il bordo del cratere entro nel regno dei faggi e di qualche tenace roverella e di altre mille essenze di altrettanti colori. Più in basso, sullo sfondo, la lama metallica del lago: malato di pesticidi ma ancora dignitosamente meraviglioso.

Lago di Vico (VT) (foto p.Capitini)

Mi fermo sulla riva e scambio due parole con un fotografo di Anagni. Si parla di fotografia e di moto. “Non sente freddo?” Mi domanda infine e vedo che non ha il coraggio di aggiungere “alla sua età”. Rispondo che si, per fortuna sento freddo, ma in inverno il buio e la notte sono due cose diverse e riparto costeggiando il lago. La lucina stentata del contachilometri fa pregustare l’odore del camino.