Aria di guerra.

Ciad, regione del Sar Sila – Bambini soldato (foto p.Capitini)

«Polemos è padre di tutte le cose, di tutte è re; e gli uni disvela come dèi e gli altri come uomini; gli uni fa schiavi gli altri liberi.» Così scriveva nel VI secolo a.C. Eraclìto da Efeso e… non aveva torto. C’è nell’aria profumo di guerra e aggiungo: finalmente.

Sarà forse questo virus o quello prossimo venturo o ancora qualche altro imprevedibile accidente a svegliarci dal paralizzante torpore di questi anni senza méta, senza sfide e senza rifugio. Disseccate le ultime illusioni di benessere, orfane di ogni guida anche le allegre tribù degli “apericena”, le cinquantenni dall’età indefinita, le fenici dei ritocchini e dalle labbra a cuoricino alla fine si sveglieranno per accorgersi di ciò che realmente siamo: uomini in lotta per la sopravvivenza. Sarà allora che Polemos ci domanderà d’essere schiavi o uomini liberi e non lo farà con gentilezza né con rispetto.

Anche in questa parte del mondo sorgeranno giorni maleducati e violenti in cui torneremo a sentire il gusto della paura e l’incertezza del risultato. In molte parti è già così. Anche noi, così educati ed attenti, ordinati nelle nostre città pulite usciremo dal mondo dei permessi e odieremo, e ameremo, gettando sul piatto della vita e della morte la nostra stessa esistenza. Saremo vivi e veri, forse per un solo istante, ma capaci di uccidere o di piegare l’arcobaleno con la sola forza delle nostre braccia. Ci ricorderemo d’aver bisogno del combattimento per desiderare la poesia. E’ questa la ripugnante e fetida natura disvelata da Polemos, il lievito che ci permetterà d’essere di nuovo poeti, amanti, artisti, perché il fiore della nostra stupefacente umanità ha radici immerse nel sangue e nel sudore e si muove al vento freddo della paura, non a quello profumato del sorriso.

Chi uscirà da questa guerra quando verrà natale ricorderà i propri morti, pregherà di nuovo Dio temendolo e accetterà di vivere accanto all’inestinguibile dolore di ogni assenza. Allora, poggiati sul viscido liquame di questo prossimo orrore, crederemo di riuscire a piegare ancora l’arcobaleno, perché su questa scivolosa illusione siamo caduti e ci siamo rialzati migliaia di volte. E’ la nostra natura di assassini e poeti.