A ciascuno il suo Palio

Nepi – il forte dei Borgia , interno (foto p.Capitini)

Da queste parti non succede mai niente, o quasi. Ogni tanto qualcuno si spalma su un platano della Cassia, un altro scopre che sua moglie ha un personal trainer un po’ troppo personal e si chiacchiera sul tempo, sul caldo, sul freddo, sul prete, sul sindaco e su tutto quello che può essere pubblicamente rivelato nel più stretto riservo. Va avanti così per tutto l’inverno che da queste parti, per via dei Cimini e del tufo sa essere particolarmente freddo e scuro.

Poi arriva l’estate e con essa le sagre.

Qualche anno fa un gruppo di nepesini – non nepalesi come li chiama mia sorella – ha resuscitato l’idea, peraltro non proprio originale, di organizzare qui in paese un palio delle contrade.

Nepi – Interno del forte dei Borgia – performance “Nepetis Mirabilia” (foto p.Capitini)

I paesi del centro Italia in estate organizzano più cortei medioevali che ai tempi di Dante, ma poco importa, anche se sarebbe interessante capire perché i secoli bui tirano così tanto mentre, ad esempio, il ‘600 non se lo fischia nessuno. Fa eccezione Castelfidardo, in provincia di Ancona, che organizza un festival dedicato all’800 ma si tratta di una mosca bianca.

Ecco quindi che tra saracini che sbarcano, principesse liberate, occupanti scacciati, santi miracolati e disfide per un catino di rame ognuno ha il suo mito che giustifica almeno tre giorni di festa con annesso di salsicce alla brace, zucchero filante, gelati semi-fusi e artigianato in cuoio stile ergastolano ai Piombi.

Nepi – Interno del forte dei Borgia – performance “Nepetis Mirabilia” (foto p.Capitini)

Noi qui a Nepi ci siamo ricordati di Lucrezia Borgia. Tranquilli, non abbiamo inventato il festival dell’avvelenamento di massa e neppure il premio “Arsenico&Cianuro”, a quello qui ci pensa già largamente la Nestlé con i suoi noccioleti.

Tutt’altro; qui a Nepi, sul finire del ‘400 la figlia di Alessandro VI Borgia c’è stata davvero.

Non si rintraccia invero la sua indelebile impronta, piuttosto è impressa netta la mano dei Farnese che per secoli governarono queste, prima che i papi di Roma decidessero di riprendersele e mandarle così in malora. Tuttavia l’evanescente figura di Lucrezia, avvelenatrice, lussuriosa, inestuosa… non ce la potevamo lasciar scappare, con il rischio che se ne appropriasse l’odiata Civita Castellana. Ecco quindi il Palio delle contrade che ricostruisce, ma si potrebbe dire inventa, una storia riguardante la bionda Lucrezia con tanto di corteo storico, cavalcata, tiro con arco, sbandieratori e… immancabile mangiata.

Nepi – Interno del forte dei Borgia – performance “Nepetis Mirabilia” (foto p.Capitini)

Bene, per quanto da senese mi ripugni dirlo, a me questa cosa piace.

E piace ancor di più quando penso che per due anni siamo stati obbligati a rimanere tappati in casa per via dell’infido morbo. Vedere oggi le strade del borgo traboccare di gente è stato un vero piacere. Ragazzi tatuati che neppure un capo Maori; bellissime ragazze in mini shorts e vecchiette con deambulatore; signore indomite in blusa leopardata e abbronzatura anni ’80 e poi bambini urlanti, carabinieri occhiuti, cani abbaianti, gatti fuggenti, gelati squagliati, sguardi incrociati, magliette sudate, insomma c’erano tutti. Era l’estate ed è stato un piacere.

Anche nella bolgia della sorridente e giusta banalità – quella per intenderci che si diverte anche se non ascolta Bela Bartok e non applaude a una retrospettiva sul cinema polacco degli anni ’50 –  anche in questo tripudio di paesana ovvietà ha brillato la scintilla di simpatica intelligenza che vi racconto.

Nepi – Interno del forte dei Borgia – performance “Nepetis Mirabilia” (foto p.Capitini)

La rievocazione della vicenda nepesina di Lucrezia Borgia non poteva prescindere dal ripercorrere i suoi lievi passi all’interno del forte dei Borgia che, insieme alle mura del Sangallo, alle catacombe e all’acqua minerale è uno dei vanti del paese. Secondo i canoni classici dell’organizzazione di questo tipo di eventi sarebbe stata ritenuta sufficiente la solita apertura del forte e la solita visita guidata a quello che rimane (molto) del castello, alle sue mura, ai sotterranei e a quanto di medioevale è ancora in piedi. Tutta roba che ha l’empatia dell’estrazione di un molare. Qualche mente illuminata che qui ringrazio ha così pensato di unire ad una puntualissima visita una bella e vivace rappresentazione teatrale per quadri che animava il rudere descrivendone con cura le vicende. Belli i costumi, ottima la recitazione, largo il coinvolgimento di chi, come me, assisteva. Insomma, una cosa bella e fatta bene e, lasciatemelo dire, di questi tempi di guerra e di morbo non è poca cosa.