Articolo di 4 mesi fa per parlare di una guerra che doveva essere “lampo” e che invece ci sta trascinando sempre più in basso e sembra far apparire nuovi scenari…

“Siamo ormai all’undicesimo giorno di combattimenti e in molti ci saremo resi conto come questa sia una guerra raccontata dal terrazzo di casa. Poche e parziali le informazioni, amplissimo il ricorso, da ambo le parti, alla propaganda e alla disinformazione. L’incalzare di immagini ad effetto e l’incessante ripetizione di “parole nere” come guerra, catastrofe, genocidio, nucleare… – alimentano in noi l’angoscia per l’immediato futuro. In questi casi tentare di fare il punto aiuta a collocare questo triste evento in un ambito di razionalità, sottraendolo al dominio dell’incubo.
Premetto di non voler attraversare il campo minato del torto e della ragione; del giusto e dell’ingiusto, categorie queste che il primo colpo di cannone ha già messo in fuga. Inizio quindi con richiamare il quadro generale a partire dall’area di operazioni.

Questa comprende circa la metà orientale dell’Ucraina, cioè il territorio incluso tra la riva sinistra del grande fiume Dnepr e il confine russo. Per ora la parte occidentale del paese, quella più vicina a paesi NATO, sembra essere solo marginalmente interessata. Si tratta di un’area vasta all’incirca quanto l’Italia o se preferite metà della Francia in cui è possibile individuare tre elementi chiave al fine del successo della campagna, naturalmente da parte russa.
IL PRIMO sembra essere KIEV. La presa della capitale rappresenterebbe un evento simbolico di elevatissima potenza politica per Mosca che ad esso sta dedicando circa un terzo delle proprie forze. Tuttavia l’ipotesi di prenderla con combattimenti casa per casa appare assai lontana. Troppo grande, troppo popolosa, con una rete sotterranea troppo estesa e con un lato completamente appoggiato ad un fiume che assomiglia quasi a un mare. Più probabile l’isolamento della città e…attesa.
IL SECONDO obiettivo è la conquista della lunga fascia costiera che collega la regione secessionista del Donbas a est a quella moldava della Transnistria a ovest. Per Mosca il possesso di quest’area lunga più di 700 km (Crimea esclusa) significherebbe trasformare l’Ucraina, o quel che ne rimane, in uno stato privo di sbocchi al mare e incapsulato nel proprio territorio a meno di una pericolosa frontiera occidentale con Polonia, Romania, Ungheria e Moldavia. A questo secondo obiettivo Mosca sta dedicando le sue forze migliori e più numerose.

La SOSTITUZIONE dell’attuale leadership filo-occidentale con un’altra del tutto allineata con Mosca rappresenta l’ultimo elemento del trittico.
Kiev, mar Nero e presidente sono dunque i tre obiettivi strategico-operativi della campagna. Perché è bene ricordarli? Semplicemente perché il loro conseguimento totale o parziale da parte russa farebbe cadere la necessità di proseguire la guerra e al momento nessuno dei tre è stato raggiunto, quindi c’è da aspettarsi che i combattimenti proseguano.
Sugli obiettivi strategico-politici della guerra, cioè sul perché Putin stia conducendo questa guerra non mi pronuncio anche perché come ogni buona strategia anche questa è mantenuta doverosamente segreta.
E in questa storia che parte hanno gli ucraini? Eccetto le colonne di profughi alle stazioni e i volontari che ritirano kalashnikov, qualcuno ha sentito parlare di dove si trovi l’esercito ucraino e di cosa stia facendo?
Non potendo sostenere uno scontro in campo aperto e non disponendo di un’aeronautica di una qualche efficacia, l’esercito di Kiev ha opportunamente scelto di combattere a partire dalle città e dai centri abitati, elementi del terreno che intercettano le principali via di comunicazione e che offrono una buona copertura dall’osservazione e dal tiro e quindi favoriscono fortemente chi si difende.
La stessa reazione dei reparti russi sembrerebbe infatti indirettamente confermare come la maggior parte delle unità regolari ucraine, coadiuvate da un consistente numero di volontari armati di armamento leggero (per ora quindi quasi inutili), abbiano trasformato città e villaggi in una sorta di “fortezze”.
Al confine tra città e campagna sono stati attivati reti di armi controcarro in grado di colpire un carro armato a 2 o 3 km di distanza, anche perché – inspiegabilmente – le unità corazzate russe sembrano privilegiare il movimento su strada a quello in aperta campagna, più lento, ma di gran lunga più sicuro. Non solo; partendo dall’interno degli abitati, alcuni reparti ucraini organizzano limitate puntate offensive che sfruttando la sorpresa locale e la superiorità momentanea sortiscono spesso effetti favorevoli. Certo, questo tipo di tattica porta solo a rallentare l’attaccante, non a sconfiggerlo ma in un conflitto in cui entrambi i contendenti sperano nel futuro il tempo è una merce preziosa. Colpire e rientrare è dunque la tattica terrestre dei difensori.
E i russi? In assenza dell’ordine di procedere alla distruzione sistematica (ordine che ben difficilmente verrà impartito) si limitano a bombardare i luoghi e le zone delle città dove sanno o immaginano la presenza di truppe avversarie. In mezzo rimane la popolazione civile non militarizzata bloccata tra città assediate e una campagna in quasi completo controllo russo. Brutta situazione. Peraltro, fallito il tentativo iniziale di concludere le operazioni in pochi giorni, il comando russo sembra stia sostituendo progressivamente le unità di fanteria leggera e meccanizzata che avevano aperto la campagna con altre più pesanti. E più pesanti significa più carri armati, più artiglieria, più missili, più elicotteri d’attacco, quindi più vittime.
Per i più interessati prometto che a breve pubblicherò una più dettagliata situazione sul terreno, divisa per settori e riguardante le principali città. Per ora questo conclude il mio ragionamento, sperando di esservi stato di un qualche aiuto” (6 marzo 2022).