“Tenente O’Neil, quando vorrò la sua opinione gliene darò una”. Così sibilava un gelido Viggo Mortensen, istruttore capo alla scuola SEAL, all’irrequieto “Soldato Jane”; il Tenente, o meglio, le Tenenta Demi Moore. Era il 1997 e Ridley Scott di certo non immaginava in quanti, oltre venticinque anni dopo, sarebbero stati ben lieti di accettare l’offerta dell’Istruttore Capo. Tra questi tutti quelli che si sono lanciati nella condanna “senza se e senza ma” delle 373 pagine del libro di Vannacci, “Il mondo al contrario” che in questi giorni di afa tardo estiva ha ulteriormente scaldato la sonnacchiosa estate italiana.

Non bastava infatti la benzina ormai alle quotazioni del Sagrantino di Montefalco del 2019; il calo del 20% dei turisti in riviera, i due euri per una toast smezzato; i bimbi risucchiati dallo scarico della piscina, il ciclone Nerone e il controciclone Poppea, gli italiani in Albania perché si paga meno e qualche volta non si paga affatto; il bollino rosso, il venerdì nero, la bandiera blu, l’allarme arancione e tutto il resto della cromatica scala delle ansiogene sfighe italiche. Per carità; ci voleva il libro nazifascista-militarpopulista-conservatorqualunquista- omofoboromanista (scusate il romanista, ma non trovavo altro) a urtare i tremuli sentimenti di quelli – e sono tanti – che senza neppure leggerlo si sono lanciati nella assoluta condanna di Vannacci e del suo libro. “GALEOTTO FU IL LIBRO” dunque “E CHI LO SCRISSE“. E qui viene la novità. Senza aspettare che qualche Istruttore Capo in quota a questo o quel partito mi fornisse una opinione, ho pensato di farmene una mia leggendolo. Non è stato facile ma ce l’ho fatta e sapete cosa ho scoperto?

Le 373 pagine sono dedicate alla certosina raccolta di quello che in moltissimi non solo pensano, ma normalmente esternano in molti oscuri luoghi di questo contorto paese. Provate voi a chiedere alla signora Alfonsina all’uscita dell’alimentari di Osteria del Gatto (esiste, tranquilli, frazione di Fossato di Vico) qual è la sua posizione riguardo al queer! Vi risponderà che come anti-pressorio il marito prendeva il BVIS ma poi ha avuto l’ictus ed è morto. “Il Queer nun l’ho ‘nteso mai! Ma me sa’ ch’ el pia mi cognata, ma nun se trova multo be’ ”.

Provate poi a domandate al signor Quintilio che dalle parti di Moie sta arando il campo a bordo del suo FIAT 60-65 Agri 88 (esistono entrambi, tranquilli) cosa farebbe a chi gli entra in casa, spaventa la moglie e il cane, ruba tutto e quando i Carabinieri lo prendono se ne va in affido o addirittura assolto. Provate! Resterete stupiti dalla grettezza oscurantista e anti-progressista di quell’uomo il quale all’evangelico “porgi l’altra guancia” preferirà porgergli in testa la vanga di piatto. Finisco qui con gli esempi su queste e su molte altre delle questioni richiamate del libro di Vannacci per il quale si chiede ora il rogo e la damnatio memoriae neppure fossero i Versetti Satanici di Salman Rushdie.

Tra i 7.901 comuni italiani, quelli in cui viviamo noi, compresi tra i 2,8 milioni di Roma e i 33 abitanti di Morterone, credo e spero ci sia spazio per molte opinioni che mi auguro essere diverse così come c’è spazio per antipatie e simpatie, per grandi amori e odi profondi o per i Guelfi e i Ghibellini. Tutelare le minoranze è un segno di civiltà giuridica, abbracciarne il credo, le convinzioni e gli atteggiamenti è tutt’altra cosa. Il diritto all’esistenza e alla tolleranza non implica in automatico quello alla simpatia e alla condivisione.

Ho infatti l’impressione che molti tra i difensori a oltranza, quelli dei senza se e senza ma, le vergini vestali della correttezza semantica e sociale, preferiscano riconoscersi in un quadro da loro stessi dipinto; un quadro che raffiguri una realtà da loro stessi immaginata in forme, dimensioni e colori piuttosto che guardarsi, come tutti, in un comune specchio, un pezzo di vetro, e accettare l’immagine nuda e cruda che esso rimanda.
Certo, vedremo allora rughe che non credevamo di avere, espressioni che non ci piacciono e l’età che non vogliamo sostenere. Vedremo anche la signora Alfonsina e il signor Quintilio che in questo Paese nessuno sembra voler vedere. Rughe, faccie buffe, pregiudizzi e passioni sono la realtà che spesso parla – quando può – anche attraverso l’astensione dal voto, il disinteresse per la politica, la sfiducia nei giornalisti, l’irrisione e il distacco.

Io ho letto il libro di Vannacci e non ho trovato altro che parole spesso udite camminando per strada o prendendo un caffè. Parole semplici, senza troppo approfondimento, con pochissima analisi e ancor meno studio ma non per questo poco diffuse tra la gente che vuol solo campare i suoi giorni.
Spero che in questo sgangherato e saggio paese ci sia ancora la voglia di ascoltarle e controbatterle in modo meno stupido di quello che ho sentito in questi giorni in televisione e letto sui giornali. Lo so che è faticoso, che è necessario accendere il cervello, ma proviamo a farci un’opinione che sia documentata e nostra. Se invece preferiamo altro stiamo pur certi che di Istruttori Capo pronti a darcene una è pieno il mondo.
Comandante, la sua analisi precisa e puntuale è meglio del libro stesso, che ho comprato, ho iniziato a leggere e posato sul comodino perché francamente trovo troppo noioso e superficiale.
Sig. Generale Capitini,
dovremmo tutti fare tesoro della Sua opinione in merito al libro del Generale Vannacci che condivido pienamente. Sono convinto che tutti noi abbiamo il diritto di esprimere la propria opinione anche se “fuori dal coro”. Essa può anche non essere condivisa ma sicuramente deve essere rispettata!
Cordiali saluti
Bellissimo!
Questa volta mi sei piaciuto. Anche tanto.
Come sempre analisi lucida e e comprensibile anche ai caproni patentati come il sottoscritto.
Ho acquistato anch’io il libro e una volta finito di leggere proverò anch’io a farmi una mia opinione, di Istruttori Capi ne ho gia visti troppi. Un saluto Comandante.
Complimenti, ottima analisi condivido in toto
Bravo kaps! Ornello Baron
Grazie mi ha risparmiato di leggerlo…mi sono fatto la convinzione che sarà (il generale) un prossimo eletto nelle liste di qualche partito…
Non ho letto il libro di Vannacci e non ho alcuna voglia di farlo.
Ho letto però la sua riflessione e, mentre ammiro come sempre il suo pacato e ironico modo di scrivere, vorrei sottolineare una cosa.
“Tutelare le minoranze” e
“diritto alla tolleranza” sono secondo me concetti che denotano di per sé un intrinseco atteggiamento negativo.
Io tollero per comodità o per quieto vivere o per pigrizia mentale una situazione che non approvo. Sarebbe molto meglio invece una profonda e sincera accettazione di ciò che l’altro è, vuole o si sente di essere.
In mancanza di tale empatia, molto meglio un sano menefreghismo che una prosaica tolleranza.
Con stima,
Bruna
Carissima Bruna, comprendo che il verbo “Tollerare”, vale a dire “portare il peso” mal si addica alla sincera accettazione di ciò che l’altro è. Tuttavia, ciò che l’altro è, spesso coincide proprio con quello che noi non siamo, non vorremo essere o non saremo mai il che porterà al massimo appunto a tollerare, ma nulla più. L’accettazione è cosa ben diversa così come lo è l’empatia. Facile accettare chi ci è empaticamente simile, più difficile è accettare chi ci è cordialmente anti-patico. Per questo la tolleranza è già un ottimo risultato, almeno secondo me.