I fantasmi di aprile.

Quell’anno, il 1945, un insolito caldo stava avvampando gli ultimi giorni di Aprile, specie su al nord o, come si diceva allora, in “Alta Italia“. A Modena la massima aveva sfiorato i 27°, a Milano si era attorno ai 24° e anche sul resto d’Italia splendeva un bel sole che annunciava un’estate da ricordare.

A Milano l’ultimo bombardamento aereo era capitato dieci giorni prima. La notte del 12 aprile, bombardieri inglesi avevano sganciato un po’ su tutta la città; gravi i danni, ma un solo morto. La notte seguente c’era stata un’altra incursione, questa volta più limitata, che ancora una volta aveva colpito gli scali ferroviari a nord. Lunedì 16, nel giorno in cui la chiesa ricorda Santa Bernadetta, la ragazzina che a Lourdes parlava con la Madonna, una coppia di caccia aveva infine mitragliato a bassa quota quello che era sembrato essere un convoglio: tre i morti. Poi più nulla.

Già dalle prime ore del mattino di quel mercoledì un cielo d’orzata annunciava un’altra giornata afosa sopra Milano. In città arrivava l’odore dolce e tiepida dell’erba nuova e l’aria immobile a stento sfiorava le tremule foglie dei pioppi appena usciti dall’inverno. Poca la gente per strada. All’ora di pranzo una certa agitazione aveva infine animato le vie del centro e le grandi fabbriche tra Sesto e Cinisello. Il Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia aveva infatti ordinato a tutti i gruppi combattenti presenti in città e a quelli che operavano nei dintorni di convergere su Milano per animare l’insurrezione generale prevista per le ore 13 di mercoledì 25 aprile 1945.

Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire!” Così recitava il proclama affisso sui muri della città e che migliaia di sghembi volantini stampati in fretta chissà dove diffondevano per le vie. La sera del 25 aprile gli ultimi tedeschi lasciavano la città. Sconfitti e rabbiosi come nel 1918 risalivano “… in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso anni prima con orgogliosa sicurezza“.

Quel mercoledì insolitamente caldo per il mese d’Aprile l’Italia chiudeva un periodo iniziato tanti anni prima. Era stata un Italia diversa quella che il 28 ottobre 1922 di fronte allo sconcerto di una guerra vinta ma sentita persa, alla povertà, al disordine dei rossi e alle mancate promesse dei padroni aveva pensato che, in fondo, Mussolini fosse il minore dei mali. C’erano voluti vent’anni, altre guerre e altri morti per cambiare idea e decidersi, finalmente, a non credere più negli uomini della provvidenza e ad iniziare a decidere del proprio futuro. Un futuro senza Re, senza Impero, senza Mussolini e, soprattutto, senza guerra.

Da quel giorno sono trascorsi gli anni di una vita intera e oggi sopravvivono solo i ragazzini di allora. I giovani partigiani, i fascisti del Maresciallo Graziani, i ventenni delle SS e anche i G-I americani che entrarono in città sotto un cielo d’orzata sono tutti morti. Anche i potenti che quella guerra la vollero e quelli che furono costretti a combatterla sono morti da tanti anni. Le Nazioni e le Patrie avvolte nei drappi delle bandiere e con la spada in mano, in nome e per conto delle quali si morì quel giorno e nei giorni precedenti non ci sono più. Al loro posto si sono preferiti i Paesi e la loro versione burocratica: gli Stati. L’Europa azzoppata dalla guerra e ridotta in macerie pian piano ha sepolto gli “ismi” più mortiferi di quegli anni: il nazionalismo, il militarismo, il razzismo, il nazional-socialismo, il fascismo e il comunismo. Tutto passato. Tutto finito. Il tempo passa, incidendo le valli e levigando i monti, figurarsi le effimere idee degli uomini.

Ciò che invece il tempo non sembra aver levigato è il desiderio di alcuni di continuare a evocarne gli spettri. Come l’orco o la strega cattiva il fascismo e il suo possibile ritorno viene ancora minacciato per spaventare grandi e piccini nelle notti di tempesta o in quelle di elezioni. L’ha fatto anche Antonio Scurati nel suo monologo che avrebbe dovuto essere letto in RAI in occasione della ricorrenza del 25 aprile. C’ho messo un po’, ma alla fine l’ho trovato e l’ho letto. Un testo fanciullesco e un po’ pasticciato, profondo come le buche di Roma e come quelle del tutto vuoto se non di un limaccioso sedimento di livore con cui si intima a un presidente del consiglio che – nota bene – ha giurato nelle mani del Capo dello Stato di difendere la costituzione repubblicana, di proclamarsi antifascista, come se potesse esserci un’alternativa al non esserlo. Oggi noi tutti possiamo essere conservatori e liberali, progressisti e retrogradi, stupidi o intelligenti, alti o bassi e quant’altro volete voi per differenziarci l’uno dall’altro, ma di certo non siamo più fascisti né comunisti. Semplicemente non ne siamo più capaci. Purtroppo, aggiungo, non siamo più capaci neppure di guardare ai nuovi “ismi”, questi si vivi e crudeli, che animano i nostri sogni formato iKea. Non ci accorgiamo più di un capitalismo senza regole, di un individualismo che mina la base stessa delle società, di un monetarismo che valuta la vita in base al reddito e solo a quello. E neppure ci accorgiamo dell’indeterminismo di genere che cancella uomini e donne sostituendoli con percezioni di sé stessi definite neutralmente fluide e quindi per loro stessa natura, incerte. Caparbi alcuni guardano ancora al passato lontano, indicando mostri invecchiati e un po’ imbolsiti senza sentire il fiato mefitico che i nuovi mostri stanno alitando loro sul collo.

6 pensieri riguardo “I fantasmi di aprile.

  1. Sono d’accordo su quasi tutto ciò che è scritto sopra. Di Scurati ho amato i primi due o tre libri. Mi sono rifiutata di leggere M. Troppa propaganda (che caso mai aiuta i nostalgici).
    È stato un grave errore invitarlo a parlare in RAI del 25 Aprile. È stato anche un errore censurarlo. Un po’ più di professionalità in RAI non guasterebbe

  2. I nostri Padri Costituenti ci hanno lasciato una grandissima Costituzione la quale ci tutela da tutto.
    Gli “ismi” sono solo demagogia e la politica si è quasi livellata. Peccato non si estingua il livore.

  3. Non ne siamo più capaci, che terribile valutazione. Mi illudo sia ingenerosa.

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