Andersen abitava al 104/A, Nicolai Cogol al 125, secondo piano. Camminando per via Sistina, sotto le lapidi che li commemorano, oggi incontro serrande chiuse e vetrine impolverate, segni di una città che sta morendo e non solo per colpa del Covid.

Roma muore per mancanza di genio e per la perdita di sogni. Muore soffocata dal dio dell’applauso; ammutolita dal latrare dei nuovi potenti, dal loro inconcludente digrignar di denti.
Seduti nei suoi angoli bui, odorosi di piscio e di cipolla, i secoli di questa città hanno tremato per Annibale, sono stati sgozzati dai pugnali dei lanzichenecchi; hanno pregato seguendo santi e Papi crudeli, ma non avevano ancora patito l’offesa arrogante della stupidità e dell’incompetenza erette a sistema. Passerà? Si, certo che passerà. Prima o poi questa gente impennacchiata che si adorna di titoli e di sontuosi stipendi, che affonda le mani grasse nella ricchezza di un intero paese, passerà. E di essa non rimarrà neppure un puzzo di piscio.