SCATOLONE.

(foto p.Capitini)

Quello glielo regalo!” – Mi fulminò la ragazza.

Ero alla fine di uno dei miei consueti giri per rigattieri, quando l’avevo intravisto sul fondo di uno scatolone sformato dall’umidità. Abbandonato senza coerenza tra una pila di piatti e una macchina per gelati, odorava di trasloco. O di funerale. Se ne stava là dentro, nascosto tra la copertina di una “Divina Commedia – Inferno” e un “Russia”, di Enzo Biagi. Edizione ’76.

La ragazza pensò non l’avessi sentita. -“Glielo regalo” – ripeté con un sorriso.

Così guardai il volume che tenevo in mano: “Mare Crudele”, di Nicholas Monsarrat, edizioni Bompiani, 1955, millecinquecento lire. Un sacco di soldi nel ‘55 per 438 pagine oggi vecchie, malandate e, per giunta, battezzate con un titolo impossibile. Le sorrisi di rimando, ma al posto di un atteso “grazie” uscì un improvviso “perché?

-“Perché non vale niente. E’ solo carta vecchia”-. mi rispose sorpresa. Non avevo idea di cosa avesse scritto Nicholas Monsarrat in quel “Mare crudele”. M’era parsa una storia di guerra; roba di convogli e sommergibili, di siluri e naufragi nell’Atlantico, ma non era questo il punto. Quel che contava era che avrei trovato una storia. Lì dentro c’erano parole scelte una per una per raccontare quel che lui aveva visto o anche solo immaginato. Erano le sue parole. Sue e di nessun altro.

Ogni pagina di un libro è ancora e per sempre il vecchio accanto al fuoco nelle notti d’inverno; il pellegrino dalla lingua sconosciuta e dai capelli color oro; è il pastore; il figlio tornato dalla guerra, è l’innamorata. E’ colui al quale chiediamo: ”RACCONTA!”

La ragazza non mi aveva regalato carta vecchia, ma una di quelle voci non rassegnate a perdersi nel vento. La guardai ancora, le sorrisi e le dissi “Grazie”.