Trent’anni fa Marc Augé li aveva definiti NONLUOGHI. Sarà perché Augé, che di mestiere fa l’antropologo, veniva da Poitier, un luogo vero che quando i romani avevano deciso di chiamarlo Limonum era già abitato dai galli da oltre tre secoli. Insomma Augè se ne intendeva di luoghi, quelli dove gli uomini vivono o hanno vissuto per secoli e secoli. Ecco perché s’era inventato i nonluoghi, quelli abitati dagli individui, una specie umanoide gente diversa dagli uomini.
Sono nonluoghi quei posti dove invano cercheremo un odore da ricordare; una voce familiare; un’anima qualsiasi. Sono i luoghi-lampadina, che si spengono ad una certa ora per riaccendersi puntuali il giorno successivo, invariati e inutili. Nel mezzo solo una notte vuota.

Sono i megacentri commerciali, gli aeroporti, le sale Bingo, le stazioni o le multisala. Sono le piazze in cemento armato con al centro l’incompresibile monumento imbrattato di spray.
Sono i condomini-scaffale delle periferie con le loro parabole aggrappate su terrazzi ingombri e orientate al mondo.
Sono i luoghi partoriti da chi che conosce solo l’utile. Aborti putridi dove ogni emozione avvizisce; dove ogni sentimento si perde spaventato dall’eco dell’inumano. Eppure abbiamo scelto di viverci fingendo di non sentire il freddo della non-vita che trasudano.

Siamo noi, i cultori della villetta a schiera con taverna. Siamo noi che non saliamo al secondo piano e non usiamo il grande bagno con l’idromassaggio. Siamo noi che preferiamo una vita ipogea da dividere con l’auto, parcheggiata con cura sul pavimento in gress lucido, giusto oltre la porta simil legno.
Siamo noi che abbiamo creato i nonluoghi. Li abbiamo chiesti, invocati e, soddisfatti e alla fine ci siamo convinti di possederli.
“E’ più comodo” – ripetiamo – “Ci trovi tutto!” Ci siamo forse resi conto che stavamo sceglendo di voltare le spalle al mondo? Il fuori, il lontano è per sua natura scomodo, caotico, imprevedibile, contrastante, incerto e questo per secoli e millenni ci aveva resi vivi, intelligenti, adattivi senza essere distruttivi. Poi ci hanno convinto che utile e inutile sarebbero stati i nuovi metri. Il bello, l’emozionante, il difficile, la sconfitta, il trionfo? Finiti. Vecchi. Per spostare montagne e attraversare oceani serve un amore pazzo, un’odio inestinguibile, una curiosità insaziabile, per girare sassolini tra le mani basta la tranquillità e uno smartphone. E’così che abbiamo scelto i nonluoghi, ci sono indispensabili perché solo lì dentro possiamo essere finalmente non-uomini senza provare né paura, né vergogna.
A differenza dei centri delle nostre antiche città i nonluoghi non dormono, né sognano. Si spengono e basta.