Tarquinia – le saline.

Il mare non ha cicatrici; ti accoglie sempre nuovo come il giorno della creazione.

Non si scorge il solco della prua di Ulisse né la scia di Colombo e le galee turche sono memoria in vecchi quadri di terraferma, il mare dimentica tutto perché vive di un eterno, mutevole presente. Forse è per questo che, guardandolo, ci sentiamo al sicuro in terra.

Tarquilia (VT) le saline (foto p.Capitini)

La terra è infatti lo spazio della memoria e del progetto. Ricorda così tanto del passato e promette un futuro così tanto vicino da comprime il presente nel tempo di un respiro. Oggi sono arrivato qui percorrendo il solco di una strada di povere. il mare è oltre le saline e oltre la spiaggia. Laggiù è l’eterno presente di un blu Tirreno inconfondibile, Quà la vecchia colonia penale di Tarquinia da anni abbandonata e per questo ancor più testimone.

Tarquinia – le Saline (foto p.Capitini)

Qui, tra strade logiche e assolate, oltre le siepi di oleandro, tutto è passato e sarà forse un futuro. Pedalo lentamente. Attorno il caldo profumato e umido dell’estate. Case è padiglioni dalle finestre vuote mantengono sui muri le scritte ordinate dell’Autorità che proprio laggiù, in un lembo di Maremma profumata aveva esiliato vite disordinate, comandate a cavar sale.

Tarquinia – Le Saline – interno di un padiglione carcerario (foto p.Capitini)

Pedalo lento, immaginando che l’erba e i muri scrostati mi parlino oggi delle vite di ieri. In fondo c’è la speranza che domani altre mura e altra erba parleranno delle nostre vite e della mia che oggi pedalo qui su una bicicletta dalla catena lenta che scatta a ritmo.

Tendo l’orecchio ma le voci dei bimbi sotto il grande pino, sudati a far la conta cento estati fa, non arrivano più e dalle finestre aperte che oggi dondolano allo scirocco non si scorgono i seni delle donne né si ascolta il chiacchiericcio delle vecchie o il bestemmiare degli uomini.

(foto p. Capitini)

E’ bello in questo pomeriggio di inizio estate trovarsi per caso in un luogo così. Le voci e gli odori delle vite che l’abitarono le avrà portate via il vento. E il vento, si sa, non lascia cicatrici.