
Due giorni fa, a 92 anni, se n’è andato Michail Gorbačëv, ultimo tra i re che regnarono su quell’impero di illusioni e crudeltà che fu l’URSS.
A Mickail toccò mettere la parola “FINE” su ciò che per milioni di persone aveva significato il sogno o la speranza di una società diversa e che per altrettanti milioni aveva voluto dire terrore, sangue e dolore mal raccontato. Dopo quella firma dell’URSS restò solo la polvere e, si sa, la polvere dei sogni non genera fiori, ma lacrime.
La notte di natale del 1991 la bandiera rossa scese per l’ultima volta dal pennone del Cremlino e tutto fu compiuto. Il resto del mondo, quello che si definiva “libero“, gongolò soddisfatto per la fine dell’impero dei sogni e del sangue. Provvide ben presto a rimpiazzare i primi avendo cura di continuare a far scorrere copioso il secondo.
Cosa siamo divenuti noi, uomini del mondo libero, senza più la paura di una rivoluzione, lontana ma possibile? Ognuno di noi ha una sua risposta.
Michail lo aveva intuito e forse avrebbe potuto e voluto fermare il treno, cambiare l’Impero, ma alla fine comprese che quando la storia inizia a respirare è inutile opporsi. Così firmò e la bandiera scese.

In una bella intervista trasmessa da La 7, Gorbačëv, ricordando quei giorni, salutava infine recitando i versi di un poeta russo solo a me sconosciuto: Michail Lermontov. Lo faceva in russo, ma in mezzo a quei suoni sconosciuti s’intuiva distinto il chiocciare di chi voleva solo essere amato.
Come tutti.
La poesia s’intitola “Sulla strada esco solo”.
Sulla strada esco solo.
Nella nebbia è chiaro il cammino sassoso.
Calma è la notte.
Il deserto volge l’orecchio a Dio
E le stelle parlano tra loro.
Meraviglioso e solenne il cielo!
Dorme la terra in un azzurro nembo.
Cosa dunque mi turba e mi fa male?
Che cosa aspetto, che cosa rimpiango?
Nulla più aspetto dalla vita
E nulla rimpiango del passato,
cerco solo libertà e pace!
Vorrei abbandonarmi, addormentarmi!
Ma non nel freddo sonno della tomba.
Addormentarmi, con il cuore
Placato e il respiro sollevato.
E poi notte e dì sentire
La dolce voce dell’amore
Cantare carezzevole al mio orecchio
E sopra di me vedere sempre verde
Una bruna quercia piegarsi e stormire.