Ucraina. dopo sei mesi a che punto è la notte?

A sei mesi dall’inizio della “operazione militare speciale” c’è da chiedersi… a che punto è la notte? Svanita la blitzkrieg che in tre giorni avrebbe visto i carri con la “Z” sfilare a Kiev e in attesa che le sanzioni e le armi tanto generosamente donate facciano effetto, prigionieri delle prossime elezioni, i talk show nostrani hanno perso interesse per il docufilm Ucraina 2022. Tuttavia nelle pianure del Donbas si combatte ancora una notte di guerra vera e senza aggettivi per la quale l’alba appare ancora lontana.

militari ucraini (foto WEB)

Dopo la caduta di Severodonetsk e Lysychansk, per gran parte dell’estate, non è successo quasi nulla. Solo una feroce routine di morte con i russi che continuano a cannoneggiare villaggi, strade e ferrovie e gli Ucraini ancorati a difenderli. Della sbandierata controffensiva che avrebbe portato alla riconquista del Donbas non si ha notizia se non nelle dichiarazioni di Zelensky, ma anche il “rullo compressore” russo sembra impantanato nella “terra nera”. Forse entrambi gli eserciti attendono le prime piogge d’autunno, quelle che trasformando il paese in un pantano imporrebbero forse il cessate il fuoco. Su un fronte di oltre 800 km, Mosca ha schierato circa 140 gruppi tattici e poco meno ha fatto Kiev.

lanciatore americano Himars. Questo sistema d’arma è in grado di lanciare bombe a guida GPS (foto WEB)

A nord, dalle parti di Kharkiv, i russi ne hanno una ventina con i quali a mala pena tengono il settore e garantiscono le vie di rifornimento. Al centro, nel cuore della difesa ucraina, tra Kramatorsk e Sloviansk, la situazione non è molto diversa. Cannoneggiamenti russi su tutto ciò che si muove ai quali gli ucraini rispondono con attacchi dei droni Bayraktar, salve di bombe GPS degli himars americani e una crescente attività di “zheltoy lenty”, il nastro giallo come si firmano i partigiani di Kiev.

il nastro giallo, simbolo della resistenza partigiana ucraina, su un albero in zona occupata (foto WEB)

Il grosso dell’esercito ucraino e anche la maggior parte dei gruppi tattici russi, circa una settantina di gruppi tattici, si trovano ora tra Kherson e Zaporizhzhia. In apparenza sembrano molti ma non abbastanza per tentare qualcosa di risolutivo. Così da parte ucraina ci si accontenta di qualche attacco contro Kherson dove la guarnigione russa si è auto-carcerata al di là del fiume Bug, mentre più a nord i russi hanno sistemato una base logistica avanzata tra i reattori della più grande centrale nucleare d’Europa. Del temuto sbarco a Odessa non parla più nessuno e l’accordo per la movimentazione del grano sembra tenere.

Attenzione però a scambiare la calma con la pace. Il leviatano si è solo inabissato e nuota ora in acque oscure. I primi ad averlo compreso sono gli uomini degli sfiniti battaglioni ucraini, quelli che la propaganda di Kiev assicura essere sorretti da morale altissimo e incrollabile fede nella vittoria. Da mesi sono al fronte senza ricevere il cambio. Ogni giorno, mentre niente accade, in ogni reparto muoiono cinque o sei uomini e il doppio rimane ferito. Ogni tanto un missile o un razzo completa il conto con qualche civile.

E mentre Mosca è riuscita a ruotare gran parte dei suoi militari, per i difensori le cose vanno diversamente: molti i veterani caduti o feriti sono rimpiazzati da reclute sempre meno addestrate, ignare dei modi e dei trucchi di questa guerra. Per capire di che si parla è sufficiente ricordare i visi dei sopravvissuti della AZOVSTAL, allora apparirà chiaro che un reparto non è un elenco di uomini, armi e mezzi, ma un organismo dove speranza, paura e desiderio di combattere si fondano su inestricabili e spesso inspiegabili legami tra commilitoni. La perdita di un veterano non è solo un lutto, ma è un legame di tenuta che viene reciso, uno viso che non rincuorerà più una recluta spaventata. La guerra di usura, quella che i russi stanno imponendo agli ucraini, mira a colpire proprio questi legami. Nelle trincee del Donbas il nemico non si vede, la sua fanteria è riparata dietro la linea delle artiglierie, ma intanto una granata, ogni giorno, cancella il compagno con il quale la sera prima avevi parlato di calcio o diviso una sigaretta. E domani si ricomincia. Anche chi non muore subito non è detto che abbia sorte migliore. Per mancanza di mezzi e di medici gli ucraini hanno infatti gravi difficoltà a sgomberare i feriti nelle retrovie, tant’è vero che nell’ultimo pacco dono gli USA hanno inserito una cinquantina di ambulanze.

reclute russe (foto WEB)

Questo i russi lo sanno. Questo lascia intravedere due strategiche opposte. Privata della vittoria campale, Mosca ha ora tutto l’interesse a mettere la sordina alla guerra fino a quando, perché no, potrebbe anche proporre un cessate-il-fuoco. Di fronte alla cessazione dei bombardamenti quanti governi europei sarebbero ancora disposti a pagare il prezzo della libertà dell’Ucraina? Proprio ora che l’inverno si avvicina, il gas costa quanto il caviale e la parola razionamento inizia a essere pronunciata in tutte le lingue dell’Unione. Ecco allora che questo gioco di specchi è l’aggredito ad avere necessità a che non si spengano i riflettori su questa guerra che costa sette miliardi di euro al mese. Le bombe su Sebastopoli, le forze Speciali in Crimea, i missili su Belgorod sembrano voler provocare i russi a uscire dalla loro mortifera calma. C’è da domandarsi se nelle trincee del Donbas i soldati ucraini siano ancora d’accordo.

ROMA – 27 AGOSTO, ore 21, Parco MEDA (zona ospedale Pertini)… ROADMAP SUMMER FESTIVAL…

Per chi avesse voglia di farsi un’idea su cosa sta succedendo in Ucraina a sei mesi dall’inizio della “operazione militare speciale ricordo l’invito a trovarci a Roma, al Parco Andrea Campagna (ex Parco Meda) nel quartiere Monti Tiburtini per parlare di questa guerra che sempre più da vicino impatta sulle nostre vite.

L’incontro è all’aperto, gratuito e – ovviamente – aperto a tutti. Si inizia alle 21.00 e si va avanti per un paio d’ore, sperando che le vostre domande lo rendano davvero animato.

Vostok o Zarod? L’esercitazione sino-indo-russa deve preoccupare?

In Ucraina l’esercito russo sembra abbia deciso di rosolare a fuoco lento gli ucraini che da ormai sei mesi tentano di arginare quella che più che un’ondata travolgente si sta dimostrando una diffusa infiltrazione. Solo la settimana scorsa, con strascichi ancora in questa, la marina della repubblica popolare di Cina, sia mai confonderla con Taiwan, ha condotto un’imponente esercitazione navale attorno a quell’isola ma oggi la notizia del giorno è che militari cinesi si recheranno in Russia per partecipare a una serie di esercitazioni congiunte con le forze armate di Putin. Ecco, questa ancora ci mancava.

Alle manovre denominate Vostok 2022 parteciperanno oltre a Cina e Russia anche contingenti di Bielorussia, India, Tagikistan e Mongolia e altri paesi tutti aderenti o in qualche modo nell’orbita della Shanghai Cooperation Organisation.

Per quanti come me facciano fatica a collocare lo SCO nella panoplia delle organizzazioni internazionali è bene ricordare che lo Shanghai Cooperation Organisation include paesi che insieme rappresentano circa il 60% dell’intera superficie euroasiatica, il 40% della popolazione del pianeta e il 30% del Prodotto Interno Lordo globale. Insomma, un certo peso lo SCO ce l’ha.

I paesi membri del Shiangai Cooperation Organisation (SCO) (Foto WEB)

E’ interessante poi dare un’occhiata ai paesi che ne fanno parte. Tra di essi, oltre alla Russia alla Repubblica popolare cinese e all’India, troviamo infatti quasi tutte le repubbliche ex-sovietiche dell’asia centrale, vale a dire Kazakistan, Kirghizistan. Tagikistan, e Uzbekistan. Non ultimo il Pakistan; mentre l’Afghanistan la Mongolia, la Bielorussia e, badate bene, l’Iran vi partecipano in qualità di Osservatori.

Dunque la grande esercitazione Vostok, che in russo significa “oriente” non è un’attività inventata sul momento, ma fa parte del programma di attività militari comuni che i paesi membri dello SCO, come si dice in questi casi, “…conducono per dimostrare con misure mirate e progressive di natura militare la volontà e la capacità di salvaguardare l’integrità e la libertà…etc, etc”. Quella che sta per iniziare non è neppure la prima della serie visto che un’omologa Vostok si era già svolta nel 2018, ma a quel tempo a chi interessava cosa succedeva in Siberia ad agosto tra cinesi, tagiki e russi?

Anche questa volta l’esercitazione si svolgerà non ai confini dell’Ucraina come qualcuno avrà sospettato o temuto, ma nel bel mezzo dell’estremo oriente russo, vale a dire nella sterminata regione siberiana a ridosso del confine cinese. Il comando multinazionale di Vostok – che è bene precisare sarà essenzialmente un’esercitazione per posti comando e solo limitatamente pensata per l’addestramento di consistenti formazioni sul terreno – sarà a Khabarovsk, sconosciuta capitale del distretto orientale alla confluenza tra i fiumi AMUR e USSURI.

Soldati russi e cinesi sul fiume Ussuri nel 1969 (foto WEB)

Ai non più giovanissimi questi due fiumi dovrebbero risvegliare ricordi in bianco e nero visto che nel marzo del 1969, proprio sull’Ussuri sovietici e cinesi si presero a cannonate per diversi mesi. Come si vede la situazione oggi è un po’ cambiata e non solo per la scomparsa dell’URSSS. Dopo l’ormai famosa dichiarazione di “amicizia senza limiti” tra Mosca e Pechino, sembra che ora si sia arrivati alla “cooperazione senza limiti” che quando viene promessa tra due delle tre grandi potenze nucleari del pianeta qualche brivido si prova. Per fortuna in politica non esiste l’amore eterno…

militari dell’Armata Popolare Cinese. (foto WEB)

Non che dal canto loro gli USA siano stati a guardare visto che proprio gli USA, dal 10 al 20 agosto 2022, hanno guidato a loro volto, guarda caso in Tagikistan, l’esercitazione Regional cooperation 22. A quel contesto hanno partecipato molti dei paesi che a breve ritroveremo nella Vostok 2022, vale a dire le repubbliche centrasiatiche post-sovietiche del Kirghizstan, Tagikistan e Uzbekistan oltre a Mongolia e Pakistan. Questa apparente ambivalenza la dice lunga sulla fluttuante situazione in cui versa l’Asia centrale con particolare riferimento ai vulcani dell’Afghanistan talebano, dell’Iran o del Pakistan. Anche se a Washington questa promiscuità potrà causare qualche malumore è bene prendere per buona la dichiarazione dell’ambasciatore USA a Dushanbe, John Pommersheim che aveva definito le esercitazioni Regional Cooperation 22:“…un’opportunità senza precedenti di rafforzare le relazioni con i partner nella regione”.

Che questo sia il momento giusto per simili dimostrazioni dipende molto dal punto di osservazione. Visto dall’Europa occidentale, con una guerra in corso e mentre la Cina sta ancora incrociando al largo di Taiwan, di una esercitazione sino-indo-russa non se ne sentiva certo la mancanza. D’altra parte per Mosca questo è un altro dei tasselli di quel mondo multipolare in nome del quale ha aggredito Kiev. Non solo. La Vostok 2022, sulle cui valenze militari è inutile soffermarci, offre anche a Putin un ottimo palcoscenico per dimostrare come entrambe le teste dell’aquila bicefala stiano ormai guardando verso oriente. Sarà un vantaggio per noi? Quando le esercitazioni inizieranno a chiamarsi “zapad”, vale a dire occidente, sarà il caso di preoccuparci per ora vediamo cosa accade a vostok, pardon, a oriente.