W la mamma, abbasso la fame nel mondo, giustizia per tutti gli uomini, fratellanza per i più sfortunati, accoglienza, benevolenza, comprensione… e potrei andare avanti. C’è qualcuno tra voi che nella propria personale letterina a Babbo Natale non le metterebbe tutte? Credo di no. Ma poi, al posto di Babbo Natale, del Mahatma Gandhi e dalla Fata dai Capelli Turchini, arriva l’orco . . . Chi di voi si fermerebbe a parlargli? Questa sera, credo di averne incontrata una.
E’ un mondo diviso a metà il loro.In alto, sopra le teste, l’azzurro pulito del cielo è un rimprovero muto a quanti non hanno protetto il tempo della ragione e delle belle ragazze dai passi leggeri.In basso, attorno ai loro corpi, la terra: contorta; bruciata; avvelenata dall’esplosivo e dal fetore liquido dei cadaveri, è terra morta. Morta come il presente.Ha quasi cinquant’anni il comandante e ha chiesto lui di tornare in quel posto di merda. Era stato ferito già tre volte dall’inizio della guerra. L’avevano decorato e adesso comandava cinquecento soldati chiusi dentro quello che rimane di un forte in cemento armato. Ogni minuto cade una granata, la luce trema e un altro pezzo di cemento vaporizza. Il comando di reggimento, e quello di brigata e quello di divisione e su, su fino al presidente della repubblica li vogliono lì, dentro quel pezzo masticato di terra, ferro e cemento. Non dormono da giorni, non c’è nulla da mangiare e la sete è così forte che hanno iniziato a bere piscio. Ma sono lì dentro perché il reggimento, e la brigata…e il presidente l’hanno ordinato. Il comandante si guarda le mani; da un paio di giorni tremano senza mai fermarsi. Il paese ha messo il forte in quelle mani; i suoi uomini le loro anime. Anche “Quiqui”, il cocker di uno dei soldati, ci ha messo la sua.“Teniamo ancora, ma siamo sotto attacco di gas. C’è urgente bisogno di liberarci. Fateci dare dubito comunicazione ottica da Souville che non risponde alle nostre chiamate. E’ il mio ultimo…”. Il comandante piega il messaggio e lo consegna alla staffetta. Un’occhiata attenta al cielo, giusto per capire da che parte andare, e via! Partito. Non resta che aspettare e sperare. Quando arriva al comando la staffetta è esausta; mezzo avvelenata e spaventata, ma ce l’ha fatta. Non ce la fanno invece il reggimento, la brigata e neppure il presidente a liberare il comandante di cinquant’anni e i suoi uomini che bevono piscio. Si arrenderanno due giorni dopo l’arrivo della staffetta. Per chi non l’avesse subito riconosciuta questa è la storia di Sylvain Eugène Raynal, comandante del Forte di Vaux sul fronte di Verdun nel giugno del 1916. E la staffetta è un piccione che verrà citato sull’ordine del giorno alla nazione e sarà decorato con la Croce di Guerra. Un piccione come tanti; uomini come tanti; un forte come tanti. Come quelli nella fabbrica AZOVSTAL. Forse un altro piccione raggiungerà il reggimento, la brigata o… il presidente?
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