Li incrocio fuori dai bar, nel quartiere romano dell’EUR.
Costretti dal covid nelle brevi file dell’asporto, sembrano essere l’unica presenza biologica in questo deserto di marmo bianco e di cielo grigio.
Giovani uomini armati di cellulare. Le tempie rasate; le sopracciglia disegnate, la barba falsamente incolta, l’inquietante fusione tra giovani nazisti e dive americane degli anni ’50. Ne vedo parecchi mentre mi perdo per i rettilinei di quest’idea di città.
Amo l’EUR : i suoi palazzi dagli ingressi camuffati tra colonne infinite; le finestre ripetute come grani di un ordinato rosario, il bianco e il grigio. In questo luogo lo spazio ha inghiottito il tempo, sputandone fuori lische di quotidiano. Tali e quali ai replicanti che vedo fuori dai bar.
Non sentono il bisogno di trasformarsi in gente, tanto meno in popolo. “UN POPOLO DI POETI, DI ARTISTI, DI EROI…”. A leggerla oggi quella frase perenne sul palazzo della Civiltà Italiana appare profetizzare la venuta di una razza aliena che mai arrivò. Prima che dagli alieni il palazzo è invece stato occupato dalla maison Fendi. Una guardia giurata vestita di nero, garbatamente, me lo ricorda. Le privatizzazioni che ci avrebbero resi più liberi e più ricchi per ora mi tengono fuori.
Giro sui tacchi e me ne vado verso un bar proletario e non troppo griffato dove altri replicanti parlano, ridono, imprecano.
Nessuno sembra voler essere proprio lì.
Nel luogo esatto in cui si trova; con le persone che gli sono accanto; nel tempo che gli è dato.
Guardano al presente come si guarda a un giocattolo rotto, vivendo nel racconto e nel sogno, non più nell’azione. Eppure oggi qui piove una pioggia leggera e presente, c’è un cielo bianco; nell’aria odore di diesel mal bruciato, cartacce non raccolte unte di pizza al taglio.
Una bella ragazza dagli occhi limpidi e dai fianchi perfetti attraversa la strada.
E’ oggi. E’ qui e queste sono le mie foto.
















