Prima che EuroUrsula presenti il conto è bene dare un’occhiata a quello che abbiamo in dispensa. Il caso “Strade Sicure”.
Ognuno di noi li ha incrociati almeno una volta. Possiamo averli visti camminare negli atri di una grande stazione, in piedi davanti a qualche importante portone o su un fuoristrada mimetico fermo ad un semaforo. Sono gli uomini di “Strade Sicure”, l’operazione che l’esercito italiano sta portando avanti ininterrottamente dal 4 agosto 2008.

Un bimbo che fosse nato il 4 agosto 2008 quest’anno penserebbe alla maturità e loro, gli uomini e le donne di “Strade sicure” sarebbero ancora là, magari sotto casa sua. Quel bimbo ormai ragazzo potrebbe addirittura iniziare a pensare all’università e loro, i militari, saranno ancora sotto casa , visto che la legge di bilancio 2025 ha prorogato l’operazione fino al 2027.
Sotto un tendino bianco 2 metri x 2 o vicino a un mezzo mimetico quei gruppetti di tre o quattro militari fanno ormai parte del paesaggio urbano come i rider di Glovo e i monopattini. Sebbene la loro sia una presenza silenziosa e discreta l’impegno per “Strade Sicure” non è cosa da poco visto che si sviluppa in metà delle province d’Italia (57 su 107), fornendo vigilanza a 920 siti giudicati sensibili tra cui 20 stazioni ferroviarie nelle città di Genova, Milano, Torino, Bologna, Venezia, Verona, Firenze, Roma, Napoli, Bari e Palermo.

In totale sono 6.600 tra uomini e donne che ogni giorno – per tutto il giorno – se ne stanno nella loro uniforme da servizio e combattimento (questo è il nome della mimetica) a cercare di mantenere sicure le nostre strade e stazioni.
In questi 17 anni hanno fermato e controllato oltre 48 milioni di persone e di auto; 102.000 le persone fermate, arrestate o denunciate; 1.790 le armi sequestrate e 16.800 i veicoli per finire con 2,5 tonnellate di droghe varie sequestrate. Di certo un buon lavoro, ma a quale costo?

Ve lo ricordate il 2008? Il 15 settembre fallisce la Lehman Brothers dando il via alla peggiore crisi finanziaria e poi economica dai tempi del giovedì nero di Wall Street nel 1929; Barrack Obama è eletto per la prima volta Presidente degli Stati Uniti e da noi governa Berlusconi. È il suo quarto ed ultimo governo e per ottimizzare le strutture statali e trovare da fare ai militari che, a suo dire: “… stanno tutto il giorno in caserma a non fare nulla e a perdere tempo...” perché non mandarli per le strade ad aiutare carabinieri e polizia nel difficile compito di mantenere sicure le strade d’Italia? Al ministero della Difesa c’è l’on. Ignazio La Russa che non trova nulla da obiettare e così si è iniziato; per far fare un po’ d’esercizio a quegli sfaccendati.

Alla fine dell’estate 2008 entravano in Accademia gli aspiranti allievi ufficiali del 190° corso Audacia. Ragazzi e ragazze di 19 o 20 anni, convinti che avrebbero servito la Patria come ufficiali dei nostri prestigiosi e storici corpi. Oggi sono Tenenti Colonnelli e quasi tutti li hanno trascorsi entrando e uscendo da un gazebo di Strade Sicure.
Dal 2008 a oggi sono cambiate molte cose. C’è stata la guerra in Libia, l’ISIS e lo stato islamico (quello c’è ancora), l’attentato a Charlie Ebdo e quello all’aeroporto di Bruxelles, la missione francese in Mali e via così fino ad arrivare all’invasione russa dell’Ucraina, alla nuova presidenza Trump e al grido d’allarme di EuroUrsula circa l’imminente invasione di Vladimiro resa ancor più pericolosa dal fatto che Donaldo Belli-Capelli non è detto che verrà a darci una mano.

Se dunque la situazione della sicurezza nell’Europa occidentale è compromessa al punto di dover chiedere ai paesi membri dell’Unione d’indebitarsi con urgenza per circa 600 miliardi di euro; Se da tutte le parti i capi militari delle forze armate chiedono di incrementare gli organici attuali di migliaia e migliaia di uomini (in Italia 40 – 45.000 nell’Esercito e circa 10-15.000 per la Marina) Se la belga Hadja Lahbib, commissaria UE per la Gestione delle crisi, propaganda un kit di sopravvivenza in caso di guerra/crisi, viene da chiedersi se – nel mentre che Vladimiro sta organizzandosi per sferrare l’inevitabile attacco – non si possa fare qualcosa di meglio con quello che si ha. Certo non è poi molto, ma è sempre meglio che niente.
In Italia la sola operazione “Strade Sicure” assorbe dai 12 ai 14 reggimenti di manovra, ciascuno per un periodo di sei mesi durante i quali queste “task forces”, come vengono definite forse per darsi coraggio, vengono sparpagliate per tutta Italia secondo l’immutata visione del Fu Silvio Berlusconi.

Questi sei mesi di “impiego” sono preceduti da una serie di addestramenti specifici dedicati a una cosa sola: far capire a un bersagliere, a un paracadutista o ad un alpino – abituati a pensare in termini di nemico – a ragionare e a comportarsi come un poliziotto, per giunta con poteri assai limitati che lo rendono più simile ad una guardia giurata. Chiediamoci dunque chi, mentre questi 6.600 uomini svolgono un compito simil-guardia giurata, si incarica di fare il soldato, cioè di essere pronto a difendere in armi lo Stato. Vedremo poi.
Al rientro da questi esaltanti sei mesi trascorsi tra la Stazione Termini, i musei Vaticani e via delle Fornaci ci saranno da recuperare i sabati e le domeniche trascorse sotto il gazebo, le ferie non fruite e i giorni di riposo spettanti per legge. Sommato tutto i reduci delle Strade sicure scompariranno per due o tre mesi. Chi decide di rimanere in caserma o di limitare il periodo di assenza lo fa per spirito di servizio e perché non vuole fare brutta figura con il comandante. Nel frattempo i reggimenti che hanno espresso una parte dei militari di una task force devono mandare avanti le attività di tutti i giorni, alcune delle quali incomprimibili. C’è, infatti, bisogno di chi manda avanti l’ufficio amministrazione o l’officina leggera del reparto. E al deposito carburanti a fare i pieni alle dieci di sera chi ci mettiamo? Per non parlare degli autisti dei camion comandati per il ritiro o la consegna di questo o quel pezzo o in qualche altro incarico logistico. Finisco qui un elenco che sarebbe molto più lungo.

Per tradurre tutto in percentuali aggiungiamo che oggi un reggimento medio, se è stanziato al nord Italia, è all’80% della sua forza organica ma quasi al 110% se al Sud. “Bene!” – penserete voi – “usiamo maggiormente i reggimenti di stanza al Meridione“. Ottima idea se non fosse che quel 110% si raggiunge spesso per via degli avvicinamenti dovuti alla legge 104 o per lo svecchiamento dei reparti di provenienza. Insomma, quale che sia il reggimento che prenderete, che sia al nord o al sud, il comandante potrà far conto si e no sul 70-80% degli uomini realmente presenti. Da questi dovrà quindi sottrarre un buon 10-15% da dedicare a “Strade Sicure” il che porta un reggimento a poter far conto sì e no sulla metà della sua forza. Tradotto in termini più comprensibili su un reggimento che paga 800 stipendi si tratterebbe si e no di 500 uomini (Ufficiali, Sottufficiali e militari di truppa, con un rateo d’età dai 19 ai 60 anni) dai quali trarre anche quelli per il funzionamento della caserma e dei servizi.
Adesso parliamo di addestramento. Si tratta di quella attività che ogni esercito serio conduce quando non combatte e che serve a combattere limitando le perdite. “Più sudore, meno sangue” campeggiava una volta sui campi di addestramento ed è vero. E’ sempre stato vero.

Si tratta di svolgere attività alcune banali altre complesse altre molto complesse che fanno di un omino in divisa un soldato combat ready. E – Attenzione! Attenzione! – l’addestramento è un’attività che richiede continuità, determinazione, perseveranza e realismo. Ciò impone un grande dispendio di energie fisiche, mentali ed organizzative, al punto che, in quasi tutti gli eserciti, dopo una quindicina d’anni di marce, corse, spari, arrampicate, lanci, nuotate e notti passate dentro un sacco a pelo sotto un albero, quei soldati vengono ritirati dai reparti operativi e avviati ad incarichi più sedentari. A quel punto avranno circa 35 anni. I nostri soldati, anche nei reparti operativi hanno un’età media di 38 anni e nelle compagnie dei nostri migliori reggimenti non è raro trovare un veterano di 48-50 anni.
A questo punto si pone un semplice quesito che pongo a me stesso prima che al lettore. Prima di pensare a satelliti e droni; anzi, mentre si pensa a quelli e al megasuperipercarroarmato ammazza-tutti-i-nemici-con-forza-del-pensiero, non sarebbe meglio iniziare a guardare nei cortili delle nostre caserme, ridando dignità a chi, per passione o per bisogno, ha deciso di vestire l’uniforme? Fargli fare il soldato è già di per sé abbastanza gravoso da non aver bisogno di appioppargli qualche altra faccenda per la quale altri sono già pagati.