Napoleon, napoleon, napoleon!

sotto il cappello, niente.

Porte di Roma è un mega centro commerciale che Marc Augé avrebbe facilmente rubricato tra i non-luoghi, vale a dire un posto senza alcuna identità; senza passato e si spera con poco futuro che ha un solo scopo: vendere oggetti di bassa qualità alla massa di milleduecentoeurici che ogni giorno lo attraversa come un luna park. I non-luoghi si accendono con precisione svizzera alle 08.30 del mattino e alle 22, come la carrozza di Cenerentola, ritornano ad essere quello che sono; una zucca vuota. Questo particolare non-luogo lo trovi a ridosso del Sacro GRA, tra gli autovelox della via Salaria e gli smorzi di via di Settebagni ed è la summa di tutto ciò che i milleduecentoeurici possono desiderare: iKea, Leroy Marlene, Fratelli La Bufala, Zara home e, naturalmente, il multisala.

Terzo piano, sala 9, per 11,50 euri da una settimana danno “NAPOLEON” di Ridley Scott. Con altri 4 euro puoi prenderti una fantastica selezione di liquirizie e more gommose e con altri 5,70 un bidone di pop-corn che per mangiarlo tutto dovresti guardare Via col Vento e di seguito Ben Hur. Due gorni fa c’ero anch’io. E come avrei potuto perdermi un film tanto atteso? Dopo tutto qualche anno fa avevo scritto un libro dedicato a Napoleone e alla sua ultima campagna, quella che si sarebbe conclusa a Waterloo il 18 giugno 1815. Quindi, malgrado le critiche feroci, mi ero ripromesso di vederlo di persona.

Prima dell’epico film però pipì. Il particolare, vi avviso, non è di poco conto. In fondo al breve corridoio che conduce ai bagni giganteggia infatti un ritratto a mosaico bianco grigio di quello che mi è sempre apparso come un Napoleone del Canova. Tutte le volte che mi sono trovato da quelle parti mi sono chiesto perché mai ad indicarmi il cesso avevano scelto proprio Lui: l’Imperatore dei francesi. Avrei trovato più appropriato, che ne so, Vespasiano. Prima di salire al terzo livello e fare il mio ingresso nella sala 9, fila E, posto 10, avevo dunque già incrociato lo sguardo dell’Empereur. Sono soddisfazioni.

Alle 19,30 ero infine seduto in attesa dell’evento. Nessuno mi aveva avvertito che oltre al film, avrei avuto diritto a ben trenta minuti di ininterrotta pubblicità in dolby surround tanto che l’inizio del film ci ha colto tutti di sprovvista. A questo punto potrei facilmente iniziare la litania dello spernacchiamento che ha accompagnato l’uscita dell’ultimo lavoro di Ridley Scott. Non lo farò. Certo che dal regista de “I Duellanti”; “Thelma&Louise”, “Il Gladiatore” o “Alien” mi aspettavo qualcosina di più… ad esempio un filmone che mi avesse portato al centro della storia, con un protagonista, un antagonista, cavalli, cannoni e frasi storiche.

E invece mi vedo arrivare Joaquin Phoenix con tanto di celebre bicorno che secondo il Regista non si toglieva mai, neppure al bagno o per dormire. Unica eccezione quando si trombava Giuseppina appoggiandola alla spalliera del letto. L’espressione di Madame la diceva lunga sulla foga erotica dell’Imperatore. A completare mancavano solo lo sbadiglio e la battuta “Fatto?” E poi finalmente sono arrivate le battaglie. Ben tre battaglie tre. Tutte uguali. Ma si sa che le battaglie in fondo sono tutte uguali. C’è uno che spara, l’altro che muore, spara il cannone, cade il cavallo e alla fine uno vince. In verità mi ha un tantino sorpreso come all’inizio di ogni battaglia il Napo si turasse le orecchie con le mani. “Forse” – ho pensato tra me e me – ” aveva avuto un’otite da piccolo e così gli aveva detto la mamma“. E neppure ho capito per quale motivo gli era preso di prendere a cannonate la cima della piramide di Cheope invece che i Mamelucchi, ma lui era Bonaparte e faceva un po’ come accidente gli pareva.

Non avevo mai pensato poi al perché Napoleone volesse vincere le sue battaglie il più velocemente possibile. Altro che direttorio, impero e gloria; ingrifato come un cinghiale maremmano il Napoleon voleva scappare da Giuseppina che si faceva già trovare appesa alla testiera del letto con tanto di sbadiglio finale. E poi sono venuti gli inglesi, i soliti perfidi inglesi che come spetta a un autentica carogna non si erano fatti vedere fino al giorno di Waterloo per poi mollare il colpo finale al povero Napo che, fuggito dall’Elba, aveva infine appreso che Giuseppina era morta lasciandolo solo davanti alla testiera del letto. In verità ad un certo punto sarebbe apparsa Maria Luisa d’Austria, interpretata da una ragazzina dall’apparente età di undici anni, che secondo il regista aveva attraversato la vita del Napo come una meteora rimanendo però incinta per Immacolata Concezione, come peraltro poteva ben testimoniare Monsieur De Talleyrand.

Alla fine, lo spettacolo è finito, le luci si sono accese ma per molti gli sbadigli hanno continuato fino al corridoio. Nessuno che parlava, nessuno che commentava. Sembrava avessero tutti osservato il Nulla Cosmico. Me compreso. Prima di avviarmi al parcheggio sono tornato di nuovo al bagno. Mi attendeva Napoleone con il suo solito sguardo fisso all’orizzonte. Per fortuna lui il film non l’aveva visto.

PURCHE’ SI POSSA PIANGERE.

Karl Popper le chiamava “verità infalsificabili”. Cose tipo “viva la mamma”;” la terra ruota attorno al sole” o “la juve ruba gli scudetti”. Immaginate quindi quale grande sorpresa nello scoprire che il comitato organizzatore delle manifestazioni di due giorni fa per dire no ai femminicidi s’era letto Popper.

Già perché gridare ai quattro venti che non si devono uccidere le donne in quanto donne rientra giusta, giusta tra le verità non falsificabili tanto care al filosofo austro-britannico. Chi oserebbe mai dire il contrario? A ben guardare non si dovrebbe ammazzare nessuno in forza del suo essere qualcosa: uomo, vecchio, ricco o povero che sia, ma si sa, i morti, come i vivi, non sono tutti uguali.

Adesso è il momento del femminicidio, del patriarcato, della dominanza maschile e del vergognatevi tutti d’essere nati uomini. Alcuni di noi, forse i più sensibili o i più cretini si sono lasciati prendere la mano sbandierando la loro profonda vergogna d’essere uomini, ma si sa, c’è sempre qualcuno più realista del re e anche stavolta la regola non ha avuto eccezioni. Molti continueranno invece a vergognarsi di cose più banali come mentire alla moglie, rubare al supermercato, parlare in pubblico, parcheggiare nei posti per disabili e simili meschinerie. Alcuni neppure di questo.

Una qualche imbarazzata vergogna mi viene invece guardando all’illuminata sinistra progressista la quale non prova invece vergogna alcuna a cavalcare tragedie che di sociale poco hanno e di personale quasi tutto. Famiglie disadattate, ragazzi privi di qualsiasi guida, menti fragili che nessuno ha mai osservato con un minimo di curiosità e di affetto, prima che dagli occhi dello Stato sono stati ignorati da quelli di padri e madri, di fratelli e sorelle, di amici e amiche. Ora la politica con la “p” minuscola si finge interessata al fenomeno, preannunciando interventi in parlamento, nuove leggi e disposizioni più stringenti. Il tutto a mascherare una verità più banale e cruda, quella che alla società civile e soprattutto a quella incivile della politica, di questa politica, non importa nulla. Non se ne avverte la presenza, figurarsi la rilevanza. Ecco, quindi che per sentirsi viva e soprattutto per farsi sentire in un deserto di indifferenza, come pulci su un cane, la politica inizia a mordicchiare, con il solo risultato di far innervosire il cane.

Per dimostrare d’esistere le seconde e le terze linee dei partiti sono saltate con uno scatto dalla tragedia dei femminicidi all’elogio patriottardo della vittoria della Coppa Davis e sul mondiale in moto GP di Checco Bagnaia. Poveracci, deve essere una vita d’inferno la loro. Prima tutti giù a piangere sulle tragedie del mare, sull’accoglienza al migrante e sull’Europa cinica e bara che ci risponde “Ik geef niets om je immigranten “qualcosa che in olandese suona come “me ne frego dei vostri immigrati”. Poi a piangere sull’Ucraina che, poveretta, ci chiedeva un paio di cannoni per difendersi e alla quale l’illuminata sinistra suggeriva una stoica, virile e indignata resa. Poi si è pianto sugli ebrei ammazzati il 7 ottobre, almeno fino a quando non si è deciso di piangere meglio e di più sui palestinesi ammazzati il 10 e infine arriva anche un cretinetti qualsiasi di 22 anni di una così buona famiglia da riuscire ad accoltellare la sua ex-ragazza, buttarla in un dirupo e fuggire poi in Germania che si sa, accoglie simili idioti a braccia aperte. Dopo tanto convulso lacrimare finalmente Sinner &Co vincono la Coppa Davis. Cazzo, ogni tanto una buona notizia !

Asciugate le lacrime, riposte le chiavi e i fiocchi rossi per questa sinistra al kleenex, dall’esausto sacco lacrimale, è stato tutto un gonfiarsi di italici petti e di parole di paterno apprezzamento per la squadra di tennis trionfante dopo ben 47 anni. Come se da quasi mezzo secolo, ogni mattina in parlamento le sedute si fossero aperte ricordando come fossero già passati dieci, venti o trent’anni dall’ultima vittoria in coppa Davis. Una cosa del tipo “l’anno prossimo a Gerusalemme”.

Questo infaticabile sport di inseguimento all’emergenza di turno, alla sfiga nazionale o planetaria è un po’ patrimonio trasversale di quasi tutta la nostra classe digerente, ma esistono comunque dei campioni. Come per i keniani vivere sugli altopiani e avere una scuola a 30 chilometri dal villaggio li ha selezionati naturalmente per i 42 km e 195 metri, così per la sinistra vivere lontana da operai, contadini, studenti e da tutta quella società degli ultimi che komunisten und sozialisten avevano promesso di difendere li avrà allenati al piagnisteo professionistico.  

Lei è mai stata comunista?” chiese un incauto cronista alla neo segretaria PD Elly Schlein “ Sono nata nel 1984 e non ho fatto in tempo ad aderire al comunismo”. Fantastica risposta, come se io che sono nato nel 1961, dicessi che non sono cristiano perché appunto nato 1961 anni dopo di Cristo. Per non parlare di quelli che nati dopo la morte di Luigi Einaudi che non possono certo dirsi liberali.

A questa gente sono dunque affidati i destini del paese il che ci rimanda alle verità infalsificabili di Popper tra le quali ne emerge una su tutte: quella di essere davvero nei guai.

Zona a Traffico Lesinato – Prima parte.

Green non è più un colore, ma una minaccia. D’altra parte ce ne accorgiamo quando diventiamo “verdi di invidia” perché “l’erba del vicino era sempre più verde” oppure quando si teme di “rimanere al verde”. Il verde è associato all’essere pallido, esangue, come il volto di un ammalato oppure di una persona anziana. Tutte brutte cose. Anche gli anni verdi, in un paese come il nostro con un tasso di natalità tra i più bassi del mondo, la definizione è associata più a una R S A per vecchi non autosufficienti che ai migliori anni della nostra vita come cantava Renato Zero nel 1994, profetizzando che nessuna notte sarebbe stata infinita.

Falconara M.ma (AN) – Via Flaminia (Foto P.Capitini)

Ma anche se la nostra notte non sarà infinita, quel che appare interminabile è invece questo crepuscolo dai toni del verde-gorgonzola dove ogni sopruso, ogni idea bislacca e ogni privazione di diritti ci viene servita in salsa green.

La guacamole dei talebani alla clorofilla ha iniziato a sommergere le nostre città intrappolate nelle Zone a Traffico Lesinato. Per carità, scorrazzare dentro e fuori da periferie in stile sovietico con una Panda Euro 2 non crea problemi all’ambiente; come non genera alcun turbamento il rimanere incagliati per ore nel Grande Parcheggio Anulare o nelle congruenti Tangenziali delle altre città, alterne interne o esterne come nei problemi della geometria euclidea. L’importante è che le Zone a Traffico Lesinato preservino il centro storico dall’invasione ciabattante del popolo, quello che aspettava la domenica per andare a vedere i negozi del centro o farsi due passi per il corso.

Roma, nei pressi del Centro Sperimentale di Cinematografia (Foto P.Capitini)

Rauss! Statevene a casa! Coatta e immonda orda tatuata!” Il centro è riservato a leggiadre fanciulle taglia 40 e capello natural-biondo che pedalano senza fatica su biciclette elettriche da 3.000 euro. I marciapiedi larghi come autostrade sono appannaggio di vecchie signore al quinto lifting e alla terza liposuzione che così possono agevolmente raggiungere la sala da the in legno jatobà non trattato per il consueto lapsang souchong delle cinque. Sedute su canapé in ecrù evocheranno gli anni della giovinezza quando tornavano da Parigi appena in tempo per lanciare molotov ai celerini servi del potere e sospirare , non senza qualche rimpianto, pensando alla triste diaspora familiare che ha costretto Tea – ma potrebbero essere Gaia, Diletta o qualche altra pedalatrice taglia 40 – ad affrontare i rigori dell’esilio londinese per il master in business administration o Filippo che nell’ultimo Skype da Princeton sembrava così dimagrito.

Scicli – chiesa di San Matteo – particolare (foto P.Capitini)

Purtroppo nelle pieghe del declinante sistema capitalista e tra i secolari condomini umbertini delle Zone a Traffico Lesinato sono rimasti intrappolati residui della scomparsa società classista, quella che aveva spinto Marx a scrivere il suo pallosissimo “Il Capitale”.

Sono le Maria, i Sor Pino, le Assunta Trapasso arrivati a Milano quando da quelle parti c’era l’ALFA Romeo e si costruiva la Lambretta. Prima, molto prima, della fashion week; del must have e dell’outfit. Povera gente fatta di operai, casalinghe, sarte, imbianchini resi “ex” dal passare del tempo e che per necessità o affetto da cinquant’anni vivono nella stessa casa ora imprigionati nella salsa guacamole del green di sinistra anzi, progressista come si dice oggi.

Roma – autobus 590 (foto P.Capitini).

I difensori dell’ambiente, quelli che sopra al letto, al posto della Madonna con bambino del Ferruzzi hanno il ritratto ringhiante di Greta Thunberg, non possono tollerare che alle 9 del mattino uno di questi residuati dell’Italia industriale e produttiva si avvii ciabattante verso i ventisette bidoni della raccolta differenziata.

“ORRORE!! Quando imparerà mai l’Adalgisa che il cucchiaio di pomodoro avanzato nel barattolo “Delizia del Sole” da 35 centesimi comprato all’Eurospin va nell’umido; l’etichetta del suddetto barattolo nella carta e infine il barattolo – vuoto e denudato – tra i metalli? Quando mai si deciderà a preparare un ragù come si deve con veri Sammarzano biologici, cipolla bianca di Nepi e manzo di chianina grossetana? L’ecologica, progressista e ingioiellata signora del terzo piano forse non sospetta che l’Adalgisa tira a campare con 400 euro di pensione sociale e altri 700 di suo marito buon anima. Certo che no.

Roma EUR. (Foto P.Capitini)

Si accontenta di strangolare lei e tutti gli altri pezzenti come lei nel groviglio di divieti, permessi, richieste, esclusioni e concessioni che rendono il centro delle nostre città così green e a portata di app. Certo ,perché se sei anziano e non hai una connessione internet, uno smartphone o un tablet non puoi nemmeno protestare per la bolletta del gas. Senza che se ne accorgessero hanno infatto tolto tutti gli esseri umani a cui si poteva parlare. Adesso c’è il call center che dopo averti fatto ascoltare tutto il secondo movimento della sinfonia nr. 41 di Mozart, rassicurandoti che la vocina che forse ascolterai, risponde dall’Italia ti inviterà a richiamare più tardi. Oltre ad essere vecchio, probabilmente povero e anche un po’ rincojonito per via dell’età, sarai anche privato dal sacrosanto diritto di tutti i vecchi a lamentarsi. La progressista signora del terzo piano così multiculturale da avere una sguattera ucraina (sguattera è il termine giusto, non colf), un filippino che gli porta a spasso il cane e un bengalese che stira le camicie alla fine riuscirà anche a farsi vendere in nuda proprietà l’appartamento dell’Adalgisa che giusto giusto consentirebbe di ampliare, ma di poco, gli attuali 250 metri quadri ormai divenuti insufficienti ad ospitare le riunioni domiciliari di yoga kundalini.

Roma, scalinata di Trinità dei Monti – Mendicante (foto P.Capitini).

Il sospetto è che dietro le Zone a Traffico Lesinato, i green pass, l’inclusivo che esclude, il progressista che non fa progredire, la decrescita felice purché sia degli altri c’è sempre la vecchia e simpaticissima sinistra che dice di difendere il popolo ma non ne sopporta la puzza. Cacciamoli dunque via dal centro delle nostre città; richiudiamoli in qualche casermone di estrema periferia, diamogli l’illusione di ricchezza incasellandoli nella tristezza ripetitiva delle villette a schiera e nei sottoscala parrocchiali dei centri anziani. Dai, facciamo così e prepariamo ad accogliere il sol dell’avvenire. Nell’attesa accontentiamoci di questo tramonto dai colori spenti e dal profumo di oud. (continua, ma tra un po’).