Stupido è chi lo stupido fa!

(foto Fre Dy )

Ieri sera a “CONTROCORRENTE” – trasmissione di Rete 4 dove per una serie di circostanze ero stato invitato – ecco che cosa mi è toccato di sentire. Premetto che l’argomento sarebbe dovuto essere la guerra in Ucraina che da poco ha girato la boa dei 100 giorni di combattimento, vale a dire di morti, di sangue, di paura. Tutte cose abbastanza concrete, mi sembra.

Sarà stato forse il caldo o il clima di vacanza o forse il non voler mai uscire da un clichè comunicativo basato sugli slogan, ma dalle prime battute ho assistito alla recita del solito mantra le cui invocazioni riassumo di seguito per mia memoria.

Prima invocazione.

E’ necessario fare la pace perché questa guerra ci porta sull’orlo di un’immane catastrofe” (rispondiamo tutti Amen).

Seconda invocazione.

 “L’Italia deve giocare un ruolo attivo e propositivo nella soluzione della crisi”.

Atto di fede.

 “Sia ben chiaro, c’è un aggredito e un aggressore e noi siamo dalla parte dell’aggredito che, ben inteso è l’Ucraina, La Russia ha invaso un paese sovrano e indipendete e questo è un gesto inqualificabile….”

Giunti a questo punto la liturgia della lagna nazionale prevede la recita collettiva del “credo” antiputiniano che si conclude con l’invocazione “liberaci dal Tale”. Si passa quindi all’ode di ringraziamento per la ritrovata unità dell’Europa e per la moderazione della NATO per concludere con l’evocazione del fantasma della carestia, ma non certo per noi, inclita schiera di martiri e eroi. Piuttosto che si abbatta la Caina sui morti di fame di mezzo mondo; come se di sfiga non ne avessero già abbastanza. Non che in verità c’importa davvero qualcosa degli sfigati del Maghreb o del Dar Sila, ma a un anno dalle elezioni politiche ritrovarceli a Pozzallo o a Lampedusa non va per niente bene.

foto ILTEMPO.it

Inizio ad averne abbastanza della liturgia pseudopacifista fatta di parole vuote ma di conti in banca pieni; di facce scandalizzate all’uscita del bordello in cui abitano da decenni senza vergogna; della preoccupazione di maniera, delle ricette facili, dei distinguo e delle eccezioni alla regola, in altre parole del disprezzo con cui ci trattano.

Siamo un paese libero” – ripetono ad ogni piè sospinto – “Altro che la Russia dove se parli ti mandano in galera”. Ma c’è differenza tra un paese libero e uno semplicemente ignorato. C’è differenza tra la libertà che ha come conseguenza la responsabilità e l’indifferenza che invece non ne ha alcuna.

Ecco quindi che a quattro giorni dai referendum il clero di stato ha deciso che non siamo in grado di capire, quindi è meglio non votare. Che ne capiamo noi di magistratura e dei suoi problemi. Poco, forse niente, ma mi viene da chiedermi che ne sapevamo al tempo di aborto, di divorzio, di centrali nucleari o di acqua pubblica?

Roma – (foto p.Capitini).

E che ne vogliamo capire di una guerra che sta già producendo effetti gravi e duraturi e soprattutto che ce ne deve importare delle decisioni prese dal nostro governo e da quelli suoi alleati. Anche su questo poco o forse niente.

Per fortuna c’è il “sistema dell’informazione” che tutela il nostro diritto a conoscere e a formarci un’opinione propria. Conoscere cosa? Solo quello che possiamo capire, vale a dire molto poco. Per aiutarcisi convocano personaggi di indubbia competenza, ma sempre in altri campi. Personalità che hanno molta più confidenza con le aule del parlamento, con i ministeri, con le università, con i cocktail alla versiliana, ma che di guerra e di quel mondo non ne sanno nulla e ancor peggio non ne vogliono saper nulla e pretendono che anche noi non ne dobbiamo sapere nulla.

Parlano, e parlano e parlano, ripetendo slogan su slogan. Ma a che ci serve uno che dovrebbe aver fatto della critica, della riflessione o dell’approfondimento illuminante la propria ragione di vita e che invece si trova a ripetere: “Guerra brutta! Pace Bella!” E sai che fatica!

Tenente, Quando vorrò la sua opinione gliene fornirò una!” In questa che resta una delle migliori battute di “Soldato Jane” c’è tutto il modus operandi scelto nei nostri confronti. Noi, che non siamo più gente e neppure folla ma semplice audience. Una grande platea di inebetiti consumatori che come tanti uccellini nel nido attendono a becco aperto che gli venga rigurgitata in gola la quotidiana dose di mondo pre-masticato.

Arquata del Tronto (AP) (foto p. Capitini)

L’importante è che a nessuno salti in mente di chiedere perché una bolletta del gas viaggia ormai sui 800 euro a bimestre, perché l’inflazione alla cassa – l’unica che si avverte davvero – è al 25 %; perché un’ora di lavoro è pagata 5 euro lordi e un mese senza far nulla 800; perché 100.000 italiani all’anno decidono di andarsene da casa loro e 12.712.317 italiani di età compresa tra 20 e 40 anni (dati ISTAT) decidono che non vale più la pena fare figli in questo paese; perché per un processo penale ci vogliono 3 anni e 10 per uno civile; perché la benzina è a 2 euro al litro, perché la gente di L’Aquila, di Amatrice e dei miei Sibillini sopravvive ancora nelle Soluzioni Abitative d’Emergenza …e potrei continuare a lungo, ma in sintesi la domanda è una sola: perché ci trattate da idioti?

Quindi, per citare “Forrest Gump”, “Stupido è chi lo stupido fa”.

NON TOCCARE!!

Ancona, museo OMERO – riproduzione della testa del Davide di Michelangelo (foto p.Capitini)

“NON TOCCARE!” E’ il sacrosanto imperativo d’ogni museo.Ovunque meno che qui, al Museo “OMERO” di Ancona. Questo è infatti un museo tattile, un posto cioè dove le opere d’arte si possono non solo guardare, ma toccare.

Certo sono riproduzioni ma la loro fedeltà e l’accuratezza credo sorprenderebbero gli stessi autori. E’ un’idea inclusiva rivolta a chi, come i bimbi, ha bisogno di un rapporto più coinvolgente con l’arte o a chi non può affidarsi al dono della vista e non si accontenta del racconto.

Per me è un’idea geniale racchiusa in un posto incantevole, le sale restaurate del vecchio lazzaretto di Ancona. Se non sapete che fare, magari prima di imbarcarvi per Patrasso, portateci i vostri figli e magari accompagnateli con la vostra anima perché si sa, i bambini sono spaventati dal buio, ma gli adulti lo sono dalla luce. Vi lascio qualche scatto sperando di incuriosirvi.

… IMMAGINIAMO SE …

Una teoria è un’ipotesi con un’istruzione universitaria” Jimmy Carter, presidente degli Stati Uniti.

Russia – il gasdotto northstream Foto WEB

In gergo militare si chiamano CONPLAN. Sono i contingency plans, i piani che cercano di mettere un po’ d’ordine in una situazione qualsiasi, abbozzando una o due linea-guida e qualche predisposizione nel caso quella “contingenza” si verificasse. In termini più semplici un buon CONPLAN risponde alla domanda: “che cosa facciamo se…?” E qui la lista delle ipotesi è veramente infinita. Si spazia dal terremoto di magnitudo 9 che spiana tutti i centri di comando di una nazione all’epidemia di un virus mai visto né sentito (questa suona familiare?), allo sbarco dei marziani tra Rimini e Riccione, al blackout elettrico nazionale. Insomma se puoi pensarlo può accadere e se può accadere è meglio sviluppare un CONPLAN. La probabilità poi che quello che si immagina possa davvero accadere è molto variabile, ma la possibilità non è mai pari a zero. Insomma la probabilità che i marziani si prendano un mojito ai bagni Rossella è un tantino bassa, quella di un disastroso terremoto tra Messina e Reggio Calabria, ahimè, di gran lunga più alta. A questo punto avverto che non è mia intenzione sviluppare un CONPLAN nei suoi aspetti operativi; mi limiterò a delineare due scenari possibili e non so quanto probabili. Innanzi tutto partiamo dalla situazione generale. Prendiamo due stati in guerra tra loro. Uno è molto grande, ricco di materie prime con una popolazione tutto sommato non imponente ma con una tradizione militare tutt’altro che da sottovalutare. Oltretutto questo paese, che per comodità chiameremo Federazione russa, è anche una potenza nucleare di primo livello, è cioè in possesso della cosiddetta “triade nucleare” (bombardieri strategici, sottomarini lanciamissili e missili balistici) ed è governata da un regime formalmente democratico ma nei fatti se non proprio autocratico almeno oligarchico. Il secondo paese, che per comodità chiameremo Ucraina è di gran lunga più piccolo e, soprattutto non è una potenza nucleare. Per ragioni che qui non indagheremo questi due paesi sono in guerra da ormai tre mesi. Una guerra sanguinosa, costosa e lenta combattuta tutta sul territorio dell’Ucraina. A dispetto delle idee iniziali di quasi tutto l’occidente in Ucraina la “blitzkrieg” non si è nemmeno affacciata, ma per rimanere nell’ambito dei prussiani con monocolo ed elmo a chiodo si combatte una “material schlacht”, una guerra di materiali o in altri termini una guerra in cui si tenta di “consumare” l’avversario fino ad indurlo alla resa. La situazione non sarebbe completa se non menzionassimo un gruppo di amici e sostenitori dell’Ucraina aggredita. Si tratta di oltre una cinquantina di stati che per semplicità ridurremo a due blocchi. Il primo blocco, quello più potente e di gran lunga più importante è in realtà costituito da un solo paese: gli Stati Uniti d’America con un nutrito contorno di altre nazioni americane. Il secondo blocco raggruppa invece l’Europa nelle sue declinazioni di Unione Europea e di Europa in senso più ampio. I due blocchi hanno adottato una serie di misure economico finanziarie per strangolare l’economia russa, ridurne la popolazione all’indigenza e con questo determinare un cambio di regime e la fine della guerra. E’ una strategia che ha bisogno di tanto tempo per realizzarsi, senza contare che i russi già da tempo sono abituati ad un regime di vita abbastanza spartano. Nel frattempo, per affrettare il processo, sia gli Stati Uniti, sia l’Europa&Friends stanno inviando all’Ucraina armi e munizioni in quantità industriale. Non si sa mai che l’Ucraina riesce a vincere la guerra da sola. A questo punto mancano due particolari che come tutti i particolari fanno la differenza. Il primo riguarda il gas e il petrolio. Gli Stati Uniti ne hanno così tanto da poterli esportare a un prezzo – per loro – ragionevole. L’Europa ne ha così poco che ancora è costretto a comprarli dalla Federazione russa. Certo non è né bello, né etico ma qualcosa deve pur far bollire l’acqua per la pasta. Il secondo particolare riguarda ancora l’Europa, anzi, una parte di essa, quella meridionale o mediterranea. Sembra strano a dirsi ma a parte qualche centinaia di miglia di mare questa parte di Europa confina con una parte del pianeta popolosissima e affamatissima: l’Africa. Anche gli Stati Uniti confinano con uno stato popoloso e quasi affamato come il Messico, ma il muro, le reti, gli elicotteri e il deserto rendono il passaggio dall’uno all’altro un tantino difficoltoso. E poi i messicani mangiano farina di mais e fagioli mentre quasi tutta l’Africa, almeno quella che riesce a mettere qualcosa nel piatto, campa di farina di frumento. E chi lo produce il frumento? La piccola Ucraina che a causa della guerra con la Russia sta avendo difficoltà a seminare il grano e i girasoli per il prossimo anno e non riesce a far partire le navi con il frumento destinato in gran parte all’area M.E.N.A (Middle East and North Africa). Senza il grano ucraino sembrerebbe che il resto del 2022 e il prossimo anno saranno anni di carestia per quei paesi e, si sa, l’amore e la fame muovono le montagne. E anche la gente.

Ecco dunque il momento di tornare ai CONPLAN. Il primo dovrebbe rispondere a questa domanda: “cosa facciamo se all’inizio dell’autunno la guerra non è ancora finita e i russi ci chiudono il gas?” Il secondo potrebbe riguardare invece: “cosa facciamo se il grano non arriva all’Africa e si scatena una crisi politica interna in molti di quei paesi e un robusto flusso migratorio verso di noi?

Giusto pochi giorni fa, Il ministro degli esteri russo, Lavrov ha dichiarato che l’occidente ha deciso di scatenare una guerra ibrida contro la Russia e i russi. Cos’è una guerra ibrida? Un conflitto dove si ricorre alla pressione economica, alla propaganda, agli attacchi nel cyberspazio, alla destabilizzazione interna, alla corruzione e a tanto altro; insomma a tutte quelle cose che non sono cannonate e che ricordano tanto i bei tempi della guerra fredda.

E allora, in questo clima da guerra ibrida, cosa impedirebbe ai russi di chiuderci il gas e di affamare gli africani? Nulla o molto poco. E cosa otterrebbero o penserebbero di ottenere? Ad esempio potrebbero pensare di ottenere un’Europa infreddolita e assediata da migranti che – ma è solo un mio malevolo pensiero – non vedrebbe così tanto di buon occhio il suo alleato d’oltre oceano che paga la benzina 2 dollari il gallone e deve al limite rimpatriare qualche centinaia di messicani la settimana. E forse inizierebbero a elevare qualche distinguo all’idea di proseguire nell’invio di armi e soldi all’Ucraina quando a casa un litro di gasolio costerebbe come il sauvignon

I russi lo faranno? Chissà, intanto sarebbe il caso di sviluppare un CONPLAN e aspettare. Come al solito, vedremo.