Caratteri minuti, non allineati, grassi d’un inchiostro da questura resuscitano un tempo povero, quando mio padre era un ragazzo, il nonno combatteva da qualche parte in Europa senza sapere d’essere vecchio e per chi restava, sognare era più facile che vivere.
Ora questo pezzo di ferro nero e lucida, incomprensibile meccanica è di nuovo pronto a strappare parole dall’animo e a inchiodarle sulla carta, senza pentimenti, immediate come una ingiusta parola di rabbia sputata a un amico. Devi però fare attenzione perché quel pezzo di ferro viene da un tempo in cui anche un segno sulla carta era ricchezza e sprecare caratteri e virgole era peccato come gettare il pane.
Si baciava il pane allora. E si cercavano le parole, quelle giuste e pesanti. Le si facevano girare nella mente, forse si bisbigliavano pian piano assortendole l’una all’altra come un delicato mazzo di fiori e solo allora si consegnavano alla macchina. Ora, seduto davanti al mio computer immateriale mi rendo conto a quanto garbo e educazione mi sono sottratto. Saranno ancora lì, in quel nastro d’un nero da questura.
Ciad, regione del Sar Sila – Bambini soldato (foto p.Capitini)
«Polemos è padre di tutte le cose, di tutte è re; e gli uni disvela come dèi e gli altri come uomini; gli uni fa schiavi gli altri liberi.» Così scriveva nel VI secolo a.C. Eraclìto da Efeso e… non aveva torto. C’è nell’aria profumo di guerra e aggiungo: finalmente.
Sarà forse questo virus o quello prossimo venturo o ancora qualche altro imprevedibile accidente a svegliarci dal paralizzante torpore di questi anni senza méta, senza sfide e senza rifugio. Disseccate le ultime illusioni di benessere, orfane di ogni guida anche le allegre tribù degli “apericena”, le cinquantenni dall’età indefinita, le fenici dei ritocchini e dalle labbra a cuoricino alla fine si sveglieranno per accorgersi di ciò che realmente siamo: uomini in lotta per la sopravvivenza. Sarà allora che Polemos ci domanderà d’essere schiavi o uomini liberi e non lo farà con gentilezza né con rispetto.
Anche in questa parte del mondo sorgeranno giorni maleducati e violenti in cui torneremo a sentire il gusto della paura e l’incertezza del risultato. In molte parti è già così. Anche noi, così educati ed attenti, ordinati nelle nostre città pulite usciremo dal mondo dei permessi e odieremo, e ameremo, gettando sul piatto della vita e della morte la nostra stessa esistenza. Saremo vivi e veri, forse per un solo istante, ma capaci di uccidere o di piegare l’arcobaleno con la sola forza delle nostre braccia. Ci ricorderemo d’aver bisogno del combattimento per desiderare la poesia. E’ questa la ripugnante e fetida natura disvelata da Polemos, il lievito che ci permetterà d’essere di nuovo poeti, amanti, artisti, perché il fiore della nostra stupefacente umanità ha radici immerse nel sangue e nel sudore e si muove al vento freddo della paura, non a quello profumato del sorriso.
Chi uscirà da questa guerra quando verrà natale ricorderà i propri morti, pregherà di nuovo Dio temendolo e accetterà di vivere accanto all’inestinguibile dolore di ogni assenza. Allora, poggiati sul viscido liquame di questo prossimo orrore, crederemo di riuscire a piegare ancora l’arcobaleno, perché su questa scivolosa illusione siamo caduti e ci siamo rialzati migliaia di volte. E’ la nostra natura di assassini e poeti.
Roma – Stazione Termini – convoglio speciale allestito in occasione del centenario della traslazione del milite ignoto. (foto p.capitini)
“STAZIONE DI PERUGIA! TRENO ACCELERATO DA TERONTOLA PER FOLIGNO E’ IN ARRIVO AL BINARIO 1. FERMA A PERUGIA PONTE SAN GIOVANNI; OSPEDALICCHIO; BASTIA UMBRA; ASSISI; CANNARA; SPELLO; FOLIGNO!”
Mia nonna mi teneva forte la mano perché una stazione, con i treni e tutta quella gente, è sempre un posto pericoloso. “Stai attento a Foligno! Non parlare con nessuno e non aprire le porte per nessun motivo!” Annui in silenzio. Mi sentivo grande, come se partissi per un viaggio ai confini del mondo e invece tornavo a casa mia, a Falconara Marittima provincia di Ancona. Però viaggiavo da solo.Vicino a noi due Allievi Ufficiali di Complemento parlavano a bassa voce. Sembrava se la tirassero un po’ con i loro guanti calzati ed il berretto con visiera calato sugli occhi. Erano magri. Erano giovani. Mio nonno mi aveva spiegato che tornavano alla scuola di artiglieria di Foligno e che un giorno sarebbero stati ufficiali. Lo diceva con quel tono di rispetto che solo chi aveva fatto la guerra riusciva ad avere. Passò un bersagliere di leva con uno strano fez rosso, rosso. Nell’incrociare i due AUC fece il saluto. In fondo al binario una coppia di fidanzati non aveva ancora deciso se baciarsi, sorridersi o tenersi per mano e facevano tutto insieme. Li osservai e mi venne da ridere. Non avevo ancora l’età per capire che nella vita può capitare di avere lo stesso cuore diviso in due corpi.
vagone di 2^ classe (foto p.capitini)
Poco oltre due marinai se ne stavano seduti sulla panchina fumando tranquilli. Il vento leggero sollevava un lembo del solino. Mi sa che tornavano in porto ad Ancona. – Eccolo! – Mia nonna avvistò la locomotiva ancora lontanissima. Non ci vedeva un gran che, poverina, ma la locomotiva non le sfuggiva mai. Credo che per lei portarmi in stazione fosse una sorta di festa. Anche mio padre mi portava ogni tanto a vedere i treni. Agli inizi degli anni ’70 per un bambino guardare i treni era ancora considerato uno spettacolo. Alla fine la motrice si fermò con uno stridio di freni e un leggero tremolio che si trasmise a tutto il marciapiede. E la gente iniziò a correre. Chissà perché: Solo i militari non correvano.Oggi ero a Roma Termini – binario1. Per commemorare il centenario della traslazione del milite ignoto da Aquileia a Roma, le ferrovie e il ministero della difesa hanno allestito un treno del tutto simile a quello che nel 1921 portò a Roma il soldato sconosciuto. Ho fatto la fila e sono salito a bordo di una carrozza di 2^. Odore di creolina e fumo di sigaretta, legno lucido e grasso sui respingenti. Lo stesso del binario 1 a Perugia. Ho cercato gli AUC di Foligno; il bersagliere con il fez e la coppia di marinai. Ho cercato i due fidanzati e anche mia nonna che vedeva i treni prima che arrivassero. Non c’era nessuno, ma io ero lì perché un treno così aveva portato il corpo di un soldato che poteva essere uguale a quelli che avevo visto da bambino a Perugia aspettando l’accelerato per Foligno. In fondo il Milite non è davvero ignoto. Ha la faccia di tutti noi italiani. Anche quella di mia nonna.
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