JE SUIS CHARLIE -ricordi di una brutta giornata

Lille – grand place particolare (foto p.Capitini)

Je suis Charlie”.

Sull’onda della costernazione planetaria stamattina sono uscito per Lille spingendomi poi verso Villeneuve d’Ascq, Marcq- en-Baroeul, Hellemmes. Comuni della cintura post-industriale di Lille, appiattiti dalla crisi e occupati da migliaia e migliaia di francesi che se cgli chiedi chi sei ti rispondono “Je suis Saleh” o “nous sommes Mohamed et Fathima”.

(foto p.Capitini)

Su queste strade di periferia, del tutto simili a quelle da cui sono usciti i tre assassini di Parigi, non c’è traccia evidente dell’esecrazione mondiale. Sui muri solo qualche sparuta scritta per di più inneggiante ai LOSC, la squadra di calcio locale. Gente che esce per la spesa, donne in chador, ragazzini biondi dai capelli bagnati, ragazze un po’ abbondanti sui fianchi. Tutto come al solito. Nessun manifesto, nessun striscione, nessuna irriverente bomboletta.

(foto p.Capitini)

Sulle facciate dei municipi invece lo striscione c’é, così come ci sono i poster a rullo lungo la strada, se hai la pazienza si aspettare dopo quello sui saldi a McArthur&Glenn di Roubauix. Anche sulla Grand Place di Lille dove ancora gira la ruota di natale, non c’è niente. In ogni caso domani a Parigi c’è la super manifestazione in cui interverranno tutti, ma proprio tutti.

Naturalmente in prima fila il presidente Hollande, mano nella mano con Sarkozy, Angela Merkel, Mariano Rajoy ed ovviamente il Matteo nazionale. Sono tutti diventati Charlie. Spero di vedere presto i François, le Cecille,gli Xavier o gli Alain, insomma la gente comune, quella che oggi sembrava vivere da un’altra parte. A che serve la libertà di espressione se poi non ci si esprime? D’altra parte sono appena iniziati i saldi.

Seduto in cima a un paracarro…

Una tappa del Giro d’Itala (foto p.Capitini)

Eccomi di nuovo qui. Seduto a bordo strada in un giorno di metà maggio ad aspettare il Giro. Al bar dove ho preso un caffè, la TV era accesa sulla tappa, la quarta: Orbetello-Frascati. 235 km.

Fuori, seduto su un muretto, con i piedi a ciondoloni, qualcuno guarda verso nord. I corridori sono ancora lontanissimi – c’è chi dice a Tuscania, chi a Valentano – ma noi si scruta lo stesso verso nord perché il Giro più che guardarlo lo si aspetta.

Il tempo dell’attesa mi coglie all’ora di pranzo a Sutri, sulla Cassia, una delle strade più antiche del mondo. Mi sono affrettato per non arrivare in ritardo alla mia attesa. Da un paio d’ore l’organizzazione ha chiuso la strada e il silenzio della campagna è subito uscito dal tufo bruno e aspro spandendosi per la campagna. Di tanto in tanto, come un cavallo scosso, passa una macchina della carovana ma non basta a rompere il silenzio. Si attende. Accanto a me una mosca d’un bel verde metallico si avventura sul guscio infranto di un uovo caduto dal suo nido. In alto, cornacchie svolazzano irrequiete, di tanto in tanto infilandosi nel foro di un grosso platano affumicato . Una coccinella si ostina a percorrere l’unica foglia verde di un cespuglio secco. Intanto sul muretto la ragazza tatuata si spara una serie di selfie. Sorrido, in fondo anche lei, come me, aspetta.

D’un tratto le moto della polizia; sirene, clacson e poi le auto delle ammiraglie e in mezzo, quasi nascosti come ciclisti della domenica, ecco i tre fuggitivi. Volano via tra gli applausi che non fanno in tempo a raggiungerli. Cala ora un silenzio teso. Si guarda tutti verso nord. E il gruppo arriva in un fruscio di gomme e di catene ben oliate. Gli uomini senza volto inseguono le loro tre lepri, scivolando sul nostro stupore senza girare la testa. Macchine di carne e nervi calate su macchine d’acciaio e gomma. Due minuti e il carnevale del giro, colorato ed eccessivo, scompare dietro la curva del mitreo. Le cornacchie si posano di nuovo sul ramo e le mosche ritornano al loro uovo. Per quest’anno, il 2019, il Giro ha di nuovo annunciato la primavera anche in questa parte d’Italia. Aspetto il prossimo anno, quando gli uomini-macchina riappariranno chissà su quale strada di questo nostro paese antico e meraviglioso.